thimbleweed park nrs

Thimbleweed Park – Recensione

Finanziato grazie a una campagna di successo su Kickstarter, Thimbleweed Park è il nuovo lavoro di Ron Gilbert, noto ai più per essere il papà di Monkey Island. L’idea del designer era riproporre nel presente la magia e il fascino dei tempi andati. Naturalmente trovare un publisher disposto a credere in un progetto che a molti sembrerà anacronistico sarebbe stato difficile, dunque il team di sviluppo si è rivolto direttamente agli appassionati.
Considerato che Monkey Island è stato uno dei giochi più appassionanti della mia infanzia ho seguito con grande interesse lo sviluppo di Thimbleweed Park. Certo, ho 30 anni suonati e mi preoccupa come gli adolescenti di oggi possano vedere un prodotto del genere. Tuttavia, proprio in questi anni le avventure punta e clicca stanno trovando una seconda giovinezza, più che altro grazie alla diffusione dei dispositivi touch.
Cerchiamo di scoprire se Gilbert ha ancora la stoffa del fuoriclasse.

Thimbleweed Park

Quale modo migliore di iniziare un’avventura se non con un bel cadavere? Siamo nel 1987, in una cittadina dove si è consumato un omicidio. Si tratteggia immediatamente un’atmosfera a metà fra thriller e poliziesco, ma i toni si avvicineranno presto allo stile di X-Files/Twin Peaks. A sottolineare l’impostazione della narrativa c’è uno dei protagonisti, praticamente Dana Scully di X-Files nei modi e nell’aspetto. “Uno” nel senso che in Thimbleweed Park potremo utilizzare ben cinque personaggi principali, alla maniera di Day of the Tentacle. Come nel capolavoro di Tim Schafer, anche in questo caso i protagonisti potranno scambiarsi oggetti e aiutarsi vicendevolmente.

La storia del gioco, carica di mistero, è sceneggiata bene. Si farà sempre più interessante grazie a una sfilza di NPC e a colpi di scena progettati con attenzione. Se da una parte i tempi sono scanditi bene, dall’altra c’è incostanza nella qualità dei personaggi non giocanti. Alcuni sono spettacolari, dotati di dialoghi brillanti e di background che sanno intrigare. Altri sono stati trattati con eccessiva leggerezza, sembra quasi che le loro storie siano state troncate. Il problema viene tra l’altro amplificato dai doppiaggi (in lingua inglese), che risultano ottimi per alcuni, insufficienti per altri. La timbrica va bene, ma l’interpretazione è in qualche caso pessima.
Tra i migliori ci sono sicuramente Angela Ray (la Scully di prima) e Ransome, un clown assolutamente glorioso. Negativo invece il lavoro svolto su un altro dei protagonisti, il detective Reyes. In questo caso si è scelto un tono troppo pacato, quasi distaccato dagli eventi. Non si riesce a creare una vera connessione con il giocatore.
Fortunatamente lo svolgersi degli eventi, la narrativa e una serie di furbi accorgimenti rendono Thimbleweed Park un prodotto da cui è difficile staccarsi. Ron Gilbert si diverte in particolare con la sua iconica rottura della quarta parete che ci accompagna da decenni. Ci sono anche numerosi riferimenti a Monkey Island e allusioni ai tempi andati che i nostalgici non faticheranno a cogliere.
E’ insomma il classico stile irresistibile di un designer che abbiamo imparato ad amare molti anni addietro e che continua a sapere il fatto suo.

thimbleweed park

Thimbleweed Park si configura come un’avventura punta e clicca vecchio stampo, quelle basate sul motore grafico SCUMM. Ciò significa controlli con il puntatore del mouse, una pletora di oggetti, inventario e un corposo menu in basso a sinistra dove potremo scegliere in che modo interagire con gli elementi ambientali. E’ una struttura più complessa rispetto ai Monkey Island o Broken Sword più recenti, tributa un tempo che non c’è più. Dover indicare per ciascun oggetto in che modo vogliamo comportarci potrebbe essere seccante per i più giovani, ma aggiunge uno strato di difficoltà in più. E la difficoltà ci piace, se usata con intelligenza.
A che ci siamo segnaliamo che Thimbleweed Park permette di scegliere tra due possibili livelli di difficoltà. La modalità hardcore è pensata per chi vuole giocare al titolo così com’è stato inizialmente concepito. La “casual” elimina dai puzzle numerosi passaggi, rendendoli molto più semplici e brevi. Giocando in hardcore sono arrivato al finale in circa 18 ore, ed è stato piuttosto impegnativo. Mettete in conto che perderete tempo a girovagare cercando di capire cosa fare e come farlo. I puzzle si affidano infatti alla logica contorta tipica delle vecchie avventure grafiche. Molti passaggi si basano più sull’ironia che non sulla razionalità, dunque bisogna entrare nella stessa ottica con cui si affronterebbe un Grim Fandango o per l’appunto un Monkey Island.

A complicare ulteriormente le cose ci sono le dimensioni degli ambienti che potremo esplorare. E’ raro che un’avventura grafica metta a disposizione del giocatore molti scenari contemporaneamente. Di solito si preferisce contrarsi su poche aree, salvo rare eccezioni. In Thimbleweed Park saremo liberi di muoverci senza troppe costrizioni, esplorando strade, edifici e parlando con la gente. Ciò significa che dovremo prestare particolare attenzione, si rischierebbe di non capire cosa fare e dove andare. Diciamo “rischierebbe” perché il team di Gilbert ha ben pensato di offrirci un blocchetto per gli appunti virtuale. Qui annoteremo tutti i nostri obiettivi, tenere il filo sarà facile e agevole. Quando avremo dubbi sarà sufficiente richiamare la pagina per avere indicazioni sul da farsi. Naturalmente non si tratta di suggerimenti per risolvere i puzzle, ma di semplici mappe concettuali che ci aiuteranno a concentrarci dove necessario.
Considerata la vastità delle aree esplorabili fa molto comodo la possibilità di effettuare viaggi rapidi attraverso la mappa. All’interno delle ambientazioni saremo inoltre liberi di far muovere il personaggio a velocità accelerata. E’ utile, perché un paio di scenari sono a loro volta piuttosto ampi.

thimbleweed park

Thimbleweed Park sarebbe potuto uscire nei primi anni ’90, se guardiamo la grafica del gioco. Ci sono i pixel, le bitmap, la penuria nelle gradazioni di colore eccetera. Perfino le animazioni hanno le semplicità tipica di quel periodo.
D’altra parte si nota una cura notevole dal punto di vista artistico, giochi di colori e di accostamenti più tipici della nostra epoca. I designer hanno fatto un bel lavoro.
Che si parli di luoghi al buio o di interni, la ricchezza di dettagli e i cromatismi lasciano più che soddisfatti. Chi è cresciuto negli anni ’90 certamente apprezzerà questo salto nel passato, che mostra solo il meglio dei giochi del tempo.
I personaggi sono realizzati bene in linea di massima, ma ci sono delle eccezioni. Si nota una certa incostanza, la stessa di cui abbiamo parlato discorrendo dei doppiaggi.
Situazione similare con la colonna sonora, composta da alcune tracce orecchiabili e piacevolissime intervallate da pezzi meno ispirati.
Naturalmente Thimbleweed Park ha requisiti hardware ridicolmente bassi, potrete farlo girare su qualsiasi PC, anche con scheda video integrata.

In sintesi

Thimbleweed Park è un’avventura grafica punta e clicca impegnativa, dotata di una storia interessante e di personaggi intriganti. Grazie anche allo stile visivo retro, il gioco riprende alla grande lo stile dei primissimi anni ’90. Per chi è cresciuto in quel periodo è come immergersi nel passato cogliendo solo gli aspetti più positivi delle vecchie produzioni made in Lucas. Del resto la mano di Ron Gilbert si fa sentire tutta, ci sono tanti riferimenti, tanta ironia e la frequente rottura della quarta parete. Certo, c’è anche un po’ di follia nella risoluzione dei puzzle, ma in fondo amiamo Monkey Island anche per questo.
I due diversi livelli di difficoltà permettono al gioco di essere fruibile anche da chi abbia poca esperienza col genere. I veterani dovranno ovviamente lanciarsi nella modalità hardcore, molto soddisfacente e capace di tenere impegnati per una ventina di ore.
Considerato il costo di 20 euro, la quantità e la qualità dei contenuti offerti ci sentiamo di raccomandare l’acquisto a prezzo pieno a tutti gli amanti del genere e ai nostalgici del sempreverde Guybrush.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *