Shelterra the Skyworld – Recensione | Atrocità fatta JRPG

Shelterra the Skyworld è una recente produzione della sempre attivissima Kemco, azienda giapponese impegnata anni fa nello sviluppo di titoli console, adesso però concentratasi in videogame per dispositivi mobile. Anche Shelterra appartiene al genere dei giochi di ruolo di stampo giapponese, sulla falsariga di classici quali Final Fantasy o Dragon Quest. Andiamo allora a scoprire in dettaglio di cosa stiamo parlando nella nostra recensione.

Shelterra the Skyworld – Recensione

Il protagonista della vicenda è un giovane avventuriero di nome Claude, alle prese con il suo primo incarico. L’ambientazione iniziale è il continente fluttuante di Shelterra, sospeso tra le nubi grazie al potere di alcune creature dai poteri straordinari chiamate Artifact.

Ben presto apprenderemo che il continente è sul punto di crollare sulla superficie, da lungo tempo resa invivibile a causa di una sostanza chiamata Odium. Sarà dunque nostro incarico svelare i misteri degli Artifact, dei due continenti ormai separati e dell’Odium, addentrandoci in una sceneggiatura che in realtà non aggiunge davvero nulla di nuovo al genere.

Se siete dei conoscitori del genere, vi accorgerete che questo Shelterra attinge senza troppi complimenti a idee anche piuttosto vecchie, sviluppate da alcuni dei mostri sacri del genere. La trama procederà quindi sfruttando una pletora di palesi cliché, rivelandosi sempre fin troppo prevedibile e poco ispirata. Anche la caratterizzazione dei personaggi lascia insoddisfatti, con stereotipi come se piovesse e una noiosa monodimensionalià di caratteri e atteggiamenti.

La cosa che lascia più sorpresi è però la spaventosa lunghezza dei dialoghi. Questi saranno in tutti i casi prolissi e inutilmente verbosi, con scambi di battute spesso e volentieri del tutto inutili, banali e noiosi. Non si tratta di un problema da poco, perché se da una parte capita spesso di non trovare JRPG dotati di una trama originale, dall’altra sarebbe buon senso evitare di allungare il brodo con dialoghi che non hanno motivo di esistere. E si resta senza parole nel notare quanto a lungo questi possano andare avanti, con situazioni che nella migliore delle ipotesi porteranno via una decina di minuti a cut scene, ma che arriveranno anche a superare i venti minuti, palesando una situazione grottesca in cui gli sceneggiatori hanno scritto, scritto e ancora scritto, senza però avere una buona idea alle spalle di una simile mole di testo. Il risultato è senza mezzi termini imbarazzante.

Le atrocità dei dungeon

Shelterra è un JRPG molto canonico, il che si traduce in una sequenza che recita più o meno “scenetta > dungeon > punti esperienza > scenetta”. Dungeon, grotte e castelli di vario genere rivestiranno un ruolo dunque importante, ma anche in questo caso qualcosa è andato terribilmente storto. Parliamo in particolare di quell’elemento che sta alla base di un gameplay solido e di un prodotto di successo: il level design.

Il gioco è realizzato in un 2D simile a quello di molti classici a 16 bit, titoli che hanno saputo sorprendere anche per la forte personalità e la cura nello sviluppo. Bene, i dungeon di Shelterra the Skyworld sono quanto di peggio mi sia personalmente capitato di vedere in tutta la mia storia videoludica, in cui i JRPG hanno da sempre rivestito un ruolo fondamentale.

La ripetitività nelle ambientazioni raggiunge, in questa produzione, delle vette di bassezza mai viste prima, con palazzi e grotte che riciclano senza troppi complimenti i pochi asset e modelli che gli sviluppatori si sono disturbati di personalizzare. Entrare in uno o in un altro dungeon comporterà delle differenze solo nella tipologia di avversari incontrati (in questo frangente la varietà è accettabile), mentre le mappe vi porteranno a domandarvi perché stiate perdendo tempo con un gioco simile.
Allo scopo forse di creare una sensazione più “labirintica”, i developers hanno reso ciascun dungeon inutilmente intricato, con strade che vanno ad accavallarsi e ad attorcigliarsi con l’unico scopo di allungare il nostro tragitto, per costringerci in innumerevoli incontri casuali e in un grinding volto al level up. Il risultato è noia, pura, semplice e genuina, un tipo di esperienza che non gratifica, e che appare ridicola oggi così come sarebbe stato anche venti o venticinque anni fa.

Si resta sorpresi allora quando ci si rende conto che il sistema di combattimento tutto sommato funziona, senza apportare novità di chissà che tipo, ma presentandosi comunque piuttosto solido. Il livello di difficoltà degli scontri resta comunque molto basso, dunque non aspettatevi battaglie gratificanti e roba simile, nemmeno contro i boss.

Come accennavamo si tratta appunto di scontri casuali, mentre il battle system è il classico a turni con party da tre persone. Ciascun membro del gruppo potrà essere assistito in battaglia da un Artifact, il corrispettivo delle varie Summon, Evocazioni, Eidolon, whatever dei capitoli di Final Fantasy. Queste creature potranno combattere al nostro fianco, ma la loro evocazione e il loro utilizzo comporterà la spesa di punti AP. Questi punti si ricaricheranno man mano che effettueremo degli attacchi fisici con il nostro personaggio umano, mentre scenderanno ad ogni azione compiuta dall’Artifact, in maniera proporzionale alla potenza dell’attacco.

Evocare un Artifact non farà mettere da parte il nostro personaggio, dunque potremo arrivare ad avere un massimo di sei personaggi a combattere simultaneamente, includendo gli umani e una evocazione per ciascuno di essi. Tuttavia, ad ogni turno dovremo decidere se impartire il comando al personaggio stesso oppure all’avatar, mentre l’altro sarà guidato da una buona (e quasi sorprendente) intelligenza artificiale.
Il sistema funziona, e tutto sommato è gradevole. Ci porterà ad utilizzare con una certa strategia i nostri punti AP, conservandoli magari per gli scontri con i boss, o per quei momenti in cui ci troveremo in inferiorità numerica, cosa che accade molto spesso.
Un buon sistema di combattimento insomma, ma che non può risollevare le sorti di un prodotto comunque deludente.

Commento

Shelterra the Skyworld è un brutto gioco, senza se e senza ma, sconsigliato anche agli appassionati di giochi di ruolo di stampo giapponese. Solo di rado la storia riesce a suscitare un pizzico di interesse, ma lo fa comunque con uno stile così marcatamente prolisso che seguirla diventa quasi impossibile.
Il design dei livelli e dei dungeon è uno scempio, impossibile definirlo in un altro modo, ed ogni cosa sembra puntare al grinding in un inno alla ripetitività. Il buon battle system non è sufficiente a salvare una produzione che non raggiunge nemmeno la mediocrità. Statene alla larga.
Voto 2.0/10

+ Buon sistema di combattimento
– Narrazione prolissa in modo insostenibile
– Il peggior design dei livelli mai visto in un gioco di ruolo

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