Quando un singolo sviluppatore osa affrontare un progetto così ambizioso, va riconosciuto il coraggio. Mortal Sin, sviluppato e pubblicato da Nikola Todorovic, è un roguelike d’azione in prima persona che unisce combattimenti corpo a corpo spietati, generazione procedurale e una presentazione visiva altamente stilizzata. Nato in Accesso Anticipato e arrivato alla versione completa nell’agosto 2025, si è fatto notare subito per la particolare direzione artistica e il ritmo di combattimento intenso, guadagnandosi su Steam valutazioni “Estremamente positive”.
Di base Mortal Sin appartiene al genere dei roguelike: combatti, muori, impari e ti potenzi man mano. Ma è anche molto di più.
Sul piano narrativo, Mortal Sin resta minimalista. Il mondo parla attraverso atmosfera, suoni e violenza. Ti risvegli in un reame maledetto – metà dungeon, metà allucinazione – e l’unica via è in avanti, tra il sangue dei nemici. Gli ambienti sembrano infestati da qualcosa di misterioso, ma il gioco non ti prende per mano, non ci sono spiegazioni chiare. Il tema del “peccato” attraversa tutto: i nemici paiono simboli di corruzione o decadenza, e ogni arma sembra portare con sé un peso di qualche tipo.
I “personaggi” sono di fatto le tipiche classi. Partiamo con archetipi basilari, come il Berserker, tutto incentrato sull’attacco, e sbloccheremo poco per volta altri stili come il Pirate, o magari build per combattimento dalla distanza. Ogni classe si gioca in modo diverso e dà piccoli indizi su una lore che comunque rimane frammentaria, lasciando spazio all’immaginazione del giocatore.
Se apprezzi storytelling ambientale, design simbolico e la sensazione che ogni stanza nasconda un segreto, l’approccio minimal funziona sorprendentemente bene.
Mortal Sin è punitivo, fortemente incentrato sul tempismo. Il sistema di combattimento dà molto spazio come dicevamo al corpo a corpo, dove ogni attacco è pesante e pericoloso, sia per noi che per i nemici. Niente spam né button mashing, contano stamina, posizione e ritmo. Dovremo quindi colpire al momento giusto, sviluppare combo fluide, eseguire finisher devastanti o decapitazioni, che saranno sempre piuttosto appaganti, quando avremo successo.
La generazione procedurale rende ogni run diversa: corridoi che cambiano, spawn nemici variabili, loot imprevedibile. Trattandosi di una impostazione roguelite, la morte sarà una componente costante, fa parte del sistema di progressione. Raramente però il gioco darà la sensazione di essere ingiusto: gli errori si pagano, ma quasi sempre daremo la colpa a noi stessi, il che è un bene.
C’è anche una progressione di base: più sopravvivi, più ottieni upgrade e sblocchi nuove classi, armi e personalizzazioni. Queste ricompense permanenti trasformano ogni sconfitta in un passo del processo di apprendimento, come da tradizione per questo genere.
La varietà di armi – dalle asce alle spade fino a strumenti maledetti – mantiene vivo il buon sistema di combattimento di Mortal Sin. Ogni tipologia ha tempi, portata e animazioni proprie, spingendo alla sperimentazione.
Uno dei punti più forti è il feedback: i colpi “suonano” con effetti audio secchi e animazioni d’impatto, così ogni uccisione sembra meritata. Il bestiario, fatto di mostri dalle forme angolari, low polygon e grottesco, sembra uscito fuori da un incubo notturno, l’ho davvero apprezzato.
Non tutto però fila liscio. La curva iniziale della difficoltà può scoraggiare, specie quando la durevolezza delle armi o i limiti di stamina penalizzano le nostre run. Alcuni colpi possono sembrare incoerenti – certe spazzate mancano il bersaglio dove ti aspetteresti di colpire – e la maniera in cui le armi si degradano può risultare più punitiva che stimolante. Inoltre, qualche animazione nemica è un po’ rigida, spezzando a tratti la fluidità degli scontri. Sono spigoli che non rovinano l’esperienza, ma richiedono pazienza.

L’identità visiva di Mortal Sin è uno dei suoi tratti più riconoscibili: contrasti taglienti, contorni marcati e palette surreali che sembrano un fumetto immerso in un mondo da incubo. Non è solo estetica, si tratta invece di uno stile che modella il tono dell’esperienza. Ogni corridoio, nemico e arma rievoca un senso di angoscia e violenza. L’ibrido tra azione, elementi RPG e horror dà a Mortal Sin una personalità molto distinta. Non è un gioco facile o rilassante: è una sfida pensata per tenere in allerta, a volte frustrare, spesso esaltare.
Ho giocato Mortal Sin prevalentemente su Steam Deck, e si è comportato molto bene: i controlli si adattano naturalmente al formato portatile e l’interfaccia minimal resta leggibile sullo schermo piccolo. I consumi batteria sono moderati grazie alla grafica leggera. Ci sono alcuni cali nel framerate in alcuni scenari e situazioni, ma sono episodi brevi e gestibili.
Un recente aggiornamento visivo ha introdotto la modalità “Realistic Visuals”, con illuminazione più ricca e texture più profonde, lasciando comunque la possibilità di tornare allo stile “fumettoso” originale. È una flessibilità che mostra attenzione al feedback. Le prestazioni restano buone in entrambe le modalità, anche se quella realistica richiede un po’ di più da parte della GPU.
Mortal Sin sa che gioco vuole essere: rapido, brutale, immersivo. Una volta padroneggiato, il sistema di combattimento ricompensa in modo che pochi roguelite riescono a eguagliare. L’atmosfera crea quella tensione che ti spinge al “ancora una partita”.
Consigliato
Mortal Sin non è per tutti, ed è proprio questo a farlo spiccare. È brutale, esigente e a tratti implacabile, ma anche stiloso, atmosferico e tecnicamente più che all’altezza. Offre un combat system cattivo, viscerale e racchiuso in un’identità visiva unica, inquietante.
Se cercate un roguelite che metta alla prova pazienza e abilità più che il gusto per la narrazione, Mortal Sin ha qualcosa di potente e memorabile da offrire. Ricompensa la padronanza, punisce la sconsideratezza e lascia insieme esausti ed esaltati a fine sessione.
Un coraggioso trionfo indie che vive di intensità e atmosfera. Non perfetto, ma inconfondibile.