Painkiller (2025) segna il ritorno attesissimo di uno dei nomi più iconici degli sparatutto in prima persona. Sviluppato da Anshar Studios e pubblicato da 3D Realms, questo nuovo capitolo punta a resuscitare l’energia grezza e implacabile che ha reso l’originale Painkiller (2004) un cult tra gli appassionati degli FPS old-school.
Il gioco è stato rilasciato il 21 Ottobre 2025 su PC Windows tramite Steam (certificazione Giocabile su Steam Deck), PS5 e Xbox. Sono presenti i sottotitoli in lingua italiana. Abbiamo ricevuto una chiave di attivazione per la versione PC da parte del publisher, che abbiamo utilizzato per questa nostra analisi.
Anche questo Painkiller rientra di diritto nella categoria degli FPS vecchio stampo, il genere che alcuni oggi chiamano boomer shooter. Cercando di mantenere uno dei tratti distintivi del franchise, anche questo capitolo ci mette di fronte arene a ondate colme di demoni grotteschi, esplosioni e armamentario sopra le righe.
La storia resta secondaria rispetto al massacro, e anche qui la formula non cambia. Torniamo a impersonare Daniel Garner, bloccato tra Paradiso e Inferno dopo un tragico incidente, costretto a falciare orde di demoni in cerca di redenzione. La struttura narrativa è essenziale ma sufficiente a spingere l’azione. Il tono rimane cupo e biblico senza prendersi troppo sul serio, come da tradizione.
Il gameplay punta ancora su velocità di movimento, armi pesanti e ondate di nemici in arene gotiche come cattedrali, cimiteri, castelli in rovina. Sulla carta, è Painkiller. In pratica, molti elementi cardine non convincono. L’arsenale è discreto ma meno “iconico” del previsto: alcune armi non ripropongono il fuoco alternativo classico, e il nuovo stile non mi ha particolarmente convinto. È come se l’impatto generale risultasse meno creativo rispetto a quanto visto in passato, come se ci fosse stata meno fantasia durante la fase del design.
Il movimento resta rapido (bunny-hop, strafe, schivate), ma il ritmo dei combattimenti tende a uniformarsi presto. La varietà dei nemici c’è, con cavalieri posseduti, preti corrotti e boss demoniaci, però i pattern risultano prevedibili e raramente sorprendono. Ne esce un loop che funziona per qualche ora, poi inizia a dare segni di stanchezza. La sensazione è stata di “già visto”, non necessariamente all’interno di questo franchise, ma in tanti altri FPS giocati negli anni. Non c’è insomma quella vena caratteristica e peculiare dei Painkiller, ma anzi ci si ritrova davanti ad un prodotto che appare fin troppo generico.
E credo che proprio questo sia il problema più grande di questo Painkiller 2025: non ha un’identità chiara e riconoscibile, nulla che mi porti a dire “questo è Painkiller”. Quando id Software ha voluto operare un reboot di Doom, è riuscita a mantenere lo stile, la velocità e la crudezza dei giochi originali. Qui invece manca un punto di contatto con il proprio nome illustre.
Al posto di una campagna single-player coesa, il gioco spinge forte sulla cooperativa a squadre e, se si gioca da soli, inserisce bot. Perché? La progressione e il bilanciamento sembrano pensati prima per il co-op e solo dopo per il single, con missioni strutturate in obiettivi ripetuti (ripulisci l’area, attiva il punto, porta l’oggetto) che faticano a reggere nel lungo periodo. Chi cercava l’esperienza “arena arcade” pura e solitaria si trova spesso in un ibrido che ricorda più un raid leggero che un boomer shooter classico. Il risultato è un tradimento alle aspettative dei fan di vecchia data.

Sul fronte contenuti, il pacchetto iniziale appare magro: poche mappe realmente memorabili, obiettivi simili tra loro, boss fight scenografiche ma non sempre appaganti sul piano meccanico. La rigiocabilità esiste, ma poggia soprattutto sulla ripetizione di attività note più che su varianti sostanziali o nuove regole. L’IA alterna aggressività a inerzia, con situazioni in cui i bot alleati interferiscono con il ritmo dell’azione o “sporcano” l’esperienza in solitaria, il che significa buttare ulteriore benzina sul fuoco, dato che da un Painkiller mi sarei aspettato in primis una gloriosa esperienza in singolo. Non metto in dubbio che sia un design che può funzionare in compagnia, ma non offre una vera alternativa al giocatore che preferisce andare in solitaria. Fondamentalmente parliamo quindi di un target diverso rispetto a quello dei capitoli precedenti.
Tecnicamente, su PC l’impatto visivo è buono: illuminazione, particellari e animazioni delle armi sono moderni e l’estetica gotica fa la sua parte. Detto questo, emergono difetti ricorrenti: pop-in di texture, qualche bug d’illuminazione, musica ed effetti sonori che si accavallano nei momenti più caotici e picchi di stuttering in scenari affollati.
Su Steam Deck il titolo è giocabile con settaggi bassi, ma il framerate può oscillare sensibilmente nelle arene più dense e la frenesia del gunplay. È gioco che rende molto di più su uno schermo di grandi dimensioni.
La colonna sonora metal spinge l’adrenalina e il colpo d’occhio delle ambientazioni resta efficace, ma da sola non basta a mascherare i limiti strutturali. Il level design alterna scorci d’impatto a layout che danno un senso di déjà-vu, mentre l’assenza (o la semplificazione) di alcune meccaniche storiche toglie carattere.
Sconsigliato
In sintesi, questo Painkiller (2025) prova a riaccendere una fiamma, ma lo fa con un’impostazione cooperativa e contenuti che non reggono il confronto con l’immaginario della serie. Per chi gioca con amici e vuole un shooter arcade immediato, qualche serata di divertimento la porta a casa. Per chi sperava nel discendente diretto del classico l’impatto è deludente: questo non è un gioco pensato per i fan del franchise. Rimangono atmosfera, ritmo discreto e una base tecnica potenzialmente migliorabile con patch e aggiornamenti, ma allo stato attuale il giudizio tende al negativo: rumoroso e aggressivo, sì; memorabile proprio no.

