Echoes of the End Definitive Edition – Recensione | Perdonato ma con riserva

L’idea di avere una Definitive Edition a circa due mesi di distanza dal lancio di un gioco non è molto rassicurante. Non ho giocato Echoes of the End al lancio, ma sapevo che non aveva avuto una grande accoglienza da parte del pubblico su Steam. A quanto pare gli sviluppatori di Myrkur Games si sono messi al lavoro per correggere una serie di mancanze sia visive che strutturali, cercando di rilanciare adesso il progetto sotto questa Definitive Edition, che chiaramente è una soluzione di marketing volta a ispirare fiducia. Non potendo fare un raffronto diretto con il gioco al momento del lancio, mi sono avvicinato a questa versione partendo da zero, senza pregiudizi e a mente sgombra.
Il gioco è disponibile su PC Windows tramite Steam (Steam Deck non supportato), PS5 e Xbox. Il publisher Deep Silver / PLAION ci ha mandato una chiave di attivazione PC per poter analizzare il prodotto.

La storia ruota attorno a Ryn, una donna benedetta – o forse maledetta – da poteri straordinari che le permettono di manipolare la materia. Con il procedere degli eventi, Ryn inizia a mettere in discussione le proprie alleanze e intraprende un percorso personale attraverso regni in guerra e rapporti spezzati.
La scrittura riflette una sensibilità islandese, terra di origine dello sviluppatore: è piuttosto introspettiva, guidata dal sottotesto più che dall’azione. Ryn non è la tipica protagonista fantasy: il suo arco è fatto di una certa tensione morale, ha un carattere molto negativista.
In linea di massima è una storia piuttosto ancorata nel fantasy occidentale classico, con chiarissimi riferimenti sia alla cultura norrena che a sua maestà Il Signore degli Anelli. Si lascia seguire, pur senza avere momenti sconvolgenti o particolarmente forti, facendo comunque il suo dovere in modo dignitoso.
Ho apprezzato in particolare il doppiaggio, soprattutto quello di Ryn, che alterna compostezza a momenti di vulnerabilità trattenuta. Un motion capture valido sostiene i dialoghi, con buone espressioni facciali e una qualità cinematografica conferita alle interazioni. È evidente che Echoes of the End nasce prima di tutto come esperienza narrativa.

Sul piano meccanico, Echoes of the End mescola esplorazione, enigmi ambientali e segmenti di combattimento. Si controlla Ryn in terza persona, spostandosi attraversando rovine, fortezze e paesaggi naturali messi in risalto dal realismo di illuminazione e materiali di Unreal Engine 5. Il gioco è lineare: niente open world, niente paesaggi sconfinati in cui muoversi in totale libertà. Sono veri e propri scenari, che prevedono di andare dal punto A al punto B con l’accompagnamento della narrazione e una serie di ostacoli in mezzo.

La capacità di Ryn di manipolare la materia è la chiave del gameplay: la ragazza ha abilità di telecinesi che le consentono di spostare oggetti anche di grosse dimensioni, ruotarli, spingerli da una parte all’altra dello scenario. Questo espediente viene utilizzato per la risoluzione di un gran numero di puzzle, di cui le ambientazioni sono disseminate. In effetti, un elemento che mi ha un po’ sorpreso è proprio la quantità di enigmi, che sono dominanti rispetto ai combattimenti. Non è per forza un male, ma è bene avere le idee chiare. Echoes of the End è un po’ da intendere come un God of War (il reboot) dove combattimenti e puzzle sono numericamente invertiti, più o meno all’interno della stessa struttura esplorativa.

I puzzle non sono malaccio, ma tendono un tantino al ridondante. Risultano logici e intuitivi, anche fin troppo lineari per chi cerca sfide più profonde o per chi è abituato a franchise tipo The Legend of Zelda.
Gli sviluppatori non sono riusciti a trovare un bilanciamento perfetto tra esplorazione (letteralmente camminate con qualche sezione platform alla Uncharted, pressoché zero margine di errore) e puzzle. C’è infatti qualche flessione di ritmo di troppo, in particolare nei capitoli centrali, con camminate che si protraggono più del necessario, o un quantitativo eccessivo di puzzle che rallentano la narrazione. Diciamo che esistono prodotti meglio bilanciati da questo punto di vista, in particolare appunto God of War, ma anche Hellblade Senua’s Sacrifice.

L’impatto visivo di Echoes of the End è notevole: illuminazione, riflessi e animazioni facciali favoriscono l’immersione. Visivamente, il gioco colpisce per l’attenzione all’atmosfera più che per l’eccesso. Gli scenari, per quanto non open, sono definiti più che bene: valli nella foschia, città in rovina percorse da un’energia antica. La luce e i cromatismi convincono, c’è una direzione artistica che tende al realismo, pur restando all’interno di un fantasy canonico.
Ottima poi la colonna sonora, orchestrata con archi malinconici ma piacevolissimi, accompagna e crea quel senso di epicità che in una produzione del genere non stona mai.

Nonostante si parli di Definitive Edition, ci sono delle mancanze tecniche ancora considerevoli. Il personaggio tende a bloccarsi di fronte a sassi o irregolarità del terreno davvero minuscole, richiedendoci di fare un salto per superarle, creando delle scene del tutto assurde che fanno perdere un bel po’ di coinvolgimento. Le animazioni lasciano un po’ perplessi, in particolare al momento del contatto col terreno dopo un salto. Sembra manchino proprio frame che avrebbero reso il tutto più credibile, e appare evidente che il gioco abbia avuto chiare limitazioni nel budget o nell’esperienza degli sviluppatori.
Il sistema di combattimento – che mi risulta fosse uno degli elementi più criticati al lancio – mi è sembrato abbastanza “ok”. Non straordinario, non terribile, ma senza infamia e senza lode, di certo non il disastro che ho letto dalle recensioni del lancio su Steam.
Infine, non ho molto da ridire riguardo l’ottimizzazione: con una RTX 9070 XT è sempre andato tutto molto bene, lasciando tutte le impostazioni su Alto a risoluzione 3440 x 1440 in ultrawide. Anche su questo punto, so che molti giocatori hanno avuto di cui lamentarsi, ma la mia personale esperienza è stata tranquilla.

Consigliato
Diciamo che questo è un “Consigliato” ma con riserva. Echoes of the End è un viaggio emotivo più che una prova di abilità. Pur con le sue indiscutibili limitazioni e imperfezioni, dimostra che un team piccolo e alla sua prima esperienza può raggiungere una buona profondità emotiva e visiva con una visione creativa chiara. L’insieme di visuali d’impatto, scrittura tutto sommato buona e ottima recitazione rende Echoes of the End un valido battesimo del fuoco per uno studio di sviluppo che ha messo il proprio retaggio islandese in un prodotto che merita attenzione. Il gameplay potrebbe essere più profondo, il ritmo più teso, i puzzle meglio progettati. Ma la forza del racconto e della direzione ci sono. Se vi piace il genere può essere un’esperienza da tenere in considerazione.

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