Oggi parliamo dello strano caso di Monster Hunter Wilds. Un gioco che ha venduto quasi 17 milioni di copie, ottenuto lodi sperticate dalla critica e si ritrova ora ad avere meno del 15% di recensioni positive su Steam. La situazione sembra abbastanza curiosa: sulla carta, è un successo clamoroso. Nella realtà, è un disastro. E a pagarne il prezzo sono i giocatori, in particolare quelli su PC.
La sempre affidabile stampa specializzata ha permesso a Wilds di raggiungere una media dell’88 su Metacritic. Una valutazione che oggi risulta completamente disconnessa dalla realtà, soprattutto se si guarda alle recensioni degli utenti. In particolare, chi ha provato il gioco su Steam si è trovato davanti a un prodotto che soffre di gravi problemi di ottimizzazione, bug, crash e altri problemi tecnici di vario genere. Il risultato sono migliaia di recensioni negative e una community sempre più inviperita.
Non è la prima volta che la stampa si dimostra inconsapevole o, peggio, complice di operazioni poco trasparenti. Le recensioni sono arrivate principalmente sulla versione console, ignorando o minimizzando i difetti su PC. I problemi tecnici sono stati liquidati come “piccoli inciampi”. Nessuno, peraltro, ha parlato seriamente della mancanza di contenuti, della semplificazione estrema, dell’endgame deludente. Al solito, i cosiddetti critici settoriali si sono lasciati usare come strumento di marketing.
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Il problema però va oltre i giornalecchini: risiede fondamentalmente nella volontà di Capcom di sacrificare la qualità sull’altare del profitto. Aveva bisogno che Wilds uscisse entro una certa finestra per soddisfare gli obiettivi fiscali e mantenere la narrazione aziendale di crescita costante. Senza l’uscita simultanea su PC e console, Capcom non avrebbe raggiunto gli obiettivi finanziari annuali. Avrebbero praticamente interrotto una serie positiva che dura da 10 anni, e questo agli investitori non sarebbe certo piaciuto. Quindi non c’era tempo materiale per l’ottimizzazione su PC, che sebbene abbia costituito oltre il 50% delle vendite negli Stati Unti, si è ritrovato ad avere un trattamento di estremo sfavore.
Il pattern è ormai sempre quello: grandi numeri iniziali, favoriti da markettari e fanboy, magari sulla base dalla fiducia guadagnata con titoli passati, e poi il crollo. L’esempio recente di Dragon’s Dogma 2 la dice lunga. Il lancio è stato costellato di problemi, con patch arrivate mesi dopo, e un abbandono quasi totale da parte dell’utenza PC. Ora sta succedendo la stessa cosa con Wilds, che ricordiamo essere venduto alla modica cifra di 70 e ripeto 70€ su Steam.
Non si può nemmeno più parlare di incidenti isolati. È un modello. E quello che preoccupa di più è che Capcom sembra fresca come una rosa. Annunci, hype, vendite iniziali… e poi silenzio, condito dalle marchette alla Fender che di certo gli fruttano quel milioncino extra. Intanto Wilds, a oltre 4 mesi dall’uscita, riceve ancora patch che non risolvono i problemi fondamentali. I contenuti vengono aggiunti, sì, ma con il contagocce e senza toccare le criticità vere. La base su cui si costruisce è instabile. E il pubblico se ne è reso conto.
La reazione degli utenti direi sia anche giustificata. Le oltre 11.000 recensioni negative in meno di un mese significheranno pur qualcosa, no? Il punto di rottura è stato superato, e da lì in poi si è innescata una slavina. Le modifiche promesse di recente sono state percepite come palliativi. Il malcontento si è riversato non solo nelle recensioni, ma anche su Reddit, YouTube e così via. E Capcom vorrebbe nascondersi ma non può più farlo perché ha perso la fiducia di una fetta considerevole di pubblico.
E ragazzi, stiamo parlando di un’azienda che fattura miliardi grazie al PC. Fino a qualche mese fa dichiaravano che il 60% delle loro vendite digitali provenisse proprio dal PC. E ora si comporta come se quella fetta di mercato fosse trascurabile. Vuole botte piena e moglie ubriaca. Rilascia dei giochi visivamente accattivanti ma venduti in stato disastroso, con l’ottimizzazione lasciata nelle mani degli utenti, o peggio ancora a tecnologie come DLSS e Frame Generation che non dovrebbero mai diventare obbligatorie. Senza queste soluzioni, che mascherano le vere mancanze tecniche, Wilds sarebbe letteralmente ingiocabile per larga parte dell’utenza.
Ciò che colpisce è la totale assenza di autocritica. Invece di un’ammissione di colpa, Capcom ha rilasciato dichiarazioni pubbliche evasive, minimizzando i problemi tecnici e suggerendo ai giocatori soluzioni manuali come l’eliminazione dei file shader e l’attivazione forzata di opzioni grafiche. Insieme al classico “aggiornate i driver e riavviate il PC” che non può mai mancare. Si tratta di risposte insufficienti che non fanno altro che alimentare la frustrazione della community. Tutto questo mentre i bug permangono e le performance vanno addirittura a peggiorare. L’uso del RE Engine in ambienti open world si sta rivelando molto problematico, e anziché lavorarci su, cambiare engine o posticipare l’uscita, Capcom tira dritto come se nulla fosse.
Un confronto con Monster Hunter World è inevitabile. Anche quel titolo ebbe un lancio difficile su PC, con problemi tecnici, prestazioni altalenanti e requisiti assurdi. Ma la differenza sostanziale fu l’approccio: Capcom intervenne, anche se mesi dopo, con aggiornamenti continui e un dialogo trasparente con l’utenza. Il risultato fu un recupero totale dell’immagine del gioco, che oggi vanta recensioni “Estremamente positive” su Steam e un numero di giocatori ben superiore rispetto a Wilds.
7 anni dopo, ci ritroviamo punto e a capo, con Monster Hunter Wilds che è diventato un caso di studio. Da top a flop nel giro di poco tempo. Questo casino è il risultato diretto di incentivi disallineati, dove l’interesse dell’azienda viene anteposto al rispetto per chi acquista. Bello usare il successo commerciale come scudo per la mediocrità creativa e l’inadempienza verso gli acquirenti, giusto? E ancor più bello fregiarsi delle recensioni slinguazzanti al day one che ormai servono solo ad alimentare un ciclo di hype a briglie sciolte.
Io sinceramente me lo sentivo già dalla beta. Il gioco non mi ha convinto per una serie di motivazioni e continua a non farlo. Ho deciso di aspettare qualche mese prima di comprarlo, pur essendo un amante della serie. Ve lo dissi anche nel video uscito a marzo di stare attenti alle inculate. Dopo aver passato un inferno con World nel lontano 2018, mi sono ripromesso di non cascarci più. E a quanto pare ho fatto bene. Perché se sto gioco dovesse mai riprendersi, ne riparleremo tra qualche anno e con una o più espansioni all’attivo. Di certo per ora la cosa più intelligente da fare è tornare su Rise e mirare alla nuca dei mostri svolazzando come una vera Mikasa Ackermann. Preferisco essere pagato per fare il beta tester.
E la lezione più importante da trarre, alla fine, è soltanto una: mai comprare promesse. Mai fidarsi delle parole dei publisher, dei trailer pieni di fuffa sbrilluccicosa e delle roadmap presentate in pompa magna. I giochi vanno giudicati per ciò che sono, non per ciò che forse diventeranno. Del resto quei 70-80€ li paghiamo tutti al day one, effettuando un vero e proprio investimento di tempo e denaro. Questo è ancora più vero nei giochi live service, dove la qualità finale dipende interamente da come verranno gestiti nei mesi successivi. Nessuno può garantire che una roadmap venga rispettata, che i problemi vengano risolti e soprattutto che la qualità si mantenga alta. Basti vedere cos’è successo negli anni a Destiny 2, pace all’anima sua. E quando persino i giganti dai profitti record come Capcom mostrano di non saper gestire al meglio i propri titoli, fidarsi ciecamente è da ingenui. Il portafoglio è l’unica arma che abbiamo, signori: usiamola con criterio.