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Platinum Games a letto con Tencent: c’è da preoccuparsi?

Se siete fan degli hentai di Bayonetta e amate vedere tentacoli che stuprano cose, avete motivo di essere allegri. Tencent Holdings, colosso cinese amico del governo di Winnie The Pooh ha “investito” in Platinum Games. Sapete, no? Gli autori di Bayonetta, Astral Chain, Nier Automata, Metal Gear Rising e tanti altri. Lo abbiamo scoperto da una notizia riportata su Gametsu, e che parte direttamente da una dichiarazione del presidente di Platinum Games, Kenichi Sato. Ecco la festosa dichiarazione:

“Siamo lieti di annunciare di aver ricevuto un investimento capitale da parte di Tencent Holdings Limited come base per una partnership. Suddetta partnership non avrà effetti sull’indipendenza della nostra compagnia, e continueremo ad operare secondo la struttura aziendale vigente.

Ci auguriamo di utilizzare questo capitale per rafforzare le nostre fondamenta nell’industria ed espanderci da studio di sviluppo a publisher autonomo. Auspichiamo altresì che questa partnership possa donarci una più ampia prospettiva globale, permettendoci comunque di continuare a creare giochi di alta qualità degni del nostro marchio.”

La notizia giunge subito dopo l’annuncio di Platinum Games sui progetti per il 2020. Secondo la software house giapponese sarà un anno ricco di piccole e grandi novità per i giocatori. Il tutto ha però sollevato diverse preoccupazioni nei giocatori, impauriti da un nome che ha fatto molto parlare di sé nel mondo del gaming.

Tencent ha una storia fatta di censure, monetizzazione predatoria, copie carbone di altri giochi e mazzette per aiutare Timoteo Maiali (Tim Sweeney) a rubare esclusive. L’azienda è stata fondata da Ma Huateng, il cosiddetto “re dei copioni”, nonché – giustamente – parlamentare nazionale. Oggi è una delle mega-corporazioni più potenti e moralmente sporche non solo nell’industria dei videogame ma anche in quella dell’intrattenimento. Ma i soldi sono soldi, e se hai soldi puoi sbatterli in faccia alla gente e ricevere sorrisi affettuosi.

Astral Chain
Astral Chain, una delle ultime grandi produzioni di Platinum Games.

Consideriamo che questi signori hanno i tentacoli infilati un po’ ovunque. Tencent detiene infatti quote significative all’interno di numerose aziende occidentali a noi note. 100% di Riot Games, 40% di Epic Games, 11.5% di Bluehole (PUBG), 5% di Ubisoft, 5% di Activision Blizzard, 80% di Grinding Gear Games (Path of Exile), 84.3% di Supercell (Clash of Clans), 9% di Frontier Developments, 13.5% di Kakao, 5% di Paradox Interactive, 36% di Fatshark, 29% di Funcom, 100% di Sharkmob e una fetta significativa di Discord.

Non dimentichiamoci degli investimenti nella Silicon Valley (Spotify, Reddit). Ah, e di quelli a Hollywood (Universal e Skydance) che hanno portato alle censure in Top Gun 2, giusto per fare un esempio. Senza contare le quote in aziende tech e media cinesi, che vanno a braccetto con il governo. Si promuove censura e pensiero unico attraverso social media (WeChat, QQ), browser (Traveler), motori di ricerca proprietari (Sougo) e sistemi di credito sociale in stile Black Mirror. Sono bei momenti. Se avete visto Mr. Robot noterete giusto un minimo di somiglianze con la Ecorp.

Ma vabbè, torniamo a noi. Il problema che riguarda nello specifico Platinum Games è l’interesse viscerale di Tencent per il mondo dei live service e delle micro transazioni. Non a caso il colosso cinese ha finora pubblicato soltanto giochi mobile con modelli free to play o freemium. Tra le sue produzioni ci sono Arena of Valor, Chess Rush, Honor of Kings e Dungeon Fighter Online. Ha anche investito capitali in aziende chiaramente focalizzate sui modelli di game as a service come appunto Epic Games, Riot, Activision e Ubisoft.

fortnite
Tencent possiede anche parte di Epic Games.

Certo, magari il finanziamento a Platinum Games vuole solo creare una partnership per distribuirne i videogame in determinate regioni e limitare l’esclusività di alcune loro IP. Ma il rischio di vedere lo sviluppatore giapponese cadere nel baratro dell’avidità e della mediocrità, oltre che della censura, non è assolutamente da escludere.
Negli ultimi tempi Platinum Games ha visto l’esodo di diversi impiegati, tra cui Minami, Hashimoto e Kellams. Subito dopo arrivano gli investimenti di Tencent. Coincidenza?
Chiunque investa lo fa per trarne un vantaggio, e nella stragrande maggioranza dei casi finisce per influenzare le scelte di chi riceve i fondi.

È ovvio che Tencent non faccia beneficenza e voglia un ricavo sostanziale dalla quota fornita a Platinum Games. E non sono per niente sicuro che la loro filosofia di guadagno in ambito videoludico sia compatibile con il modello adottato dallo studio giapponese. Se Huateng riesce a mettere in riga Activision Blizzard nonostante ne possegga appena il 5% (ved. caso Hong Kong) figuriamoci uno sviluppatore indipendente che fino a qualche anno fa rischiava il fallimento.

Possiamo soltanto augurarci che Kamiya e soci non permettano al Re Mida della cacca videoludica di mandare in fumo la buona reputazione costruitasi negli anni. Sfanculare qualità dei prodotti e rispetto per i giocatori in nome di fantomatiche “ampie prospettive globali” sarebbe un errore piuttosto idiota, se consideriamo quanti svantaggi nel lungo termine abbia portato a gentaglia come Brack, Guillemot e Kotick.

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