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Sekiro: Shadows Die Twice – Recensione | Il più difficile, il più cattivo

Sono passate più di due settimane dall’uscita delle prime recensioni su Sekiro: Shadows Die Twice, probabilmente ne avrete già lette a dozzine. Probabilmente molti di voi lo avranno finito ed esplorato al 100%, e se adesso siete qui significa che vi interessa conoscere la nostra opinione. Di questo vi ringraziamo sinceramente. Per quanto ci riguarda abbiamo cercato di essere il più possibile scrupolosi nel nostro playthrough, senza tralasciare boss opzionali, collezionabili e finali segreti.

Quella di oggi sarà una recensione atipica, nel senso che ci soffermeremo soltanto in parte sulla descrizione delle meccaniche e vi racconteremo l’esperienza personale vissuta da fan dei Soulsborne alla luce delle oltre 30 ore di gioco. Consideratelo a tutti gli effetti una sorta di editoriale con riflessioni a freddo sull’opera di Miyazaki e colleghi, supportati nella fattispecie da Activision.

sekiro shadows die twice recensioneSekiro: Shadows Die Twice – Recensione

Data di uscita: 22/03/2019
Versione recensita: PC
Disponibile su: PC, PS4, XB1
Lingua: Italiano
Prezzo di lancio: €69.99

Sekiro è un titolo abbastanza diverso da quello che ci si poteva aspettare dalla odierna From Software. Anziché prendere a mani basse da Demon’s Souls come avvenuto negli ultimi anni, qui si avvertono fortemente gli echi del passato, di quei Tenchu, Onimusha e Ninja Gaiden che tanto ci avevano frustrato e deliziato nelle scorse generazioni. Ritorno alle origini, dunque, ma non senza far tesoro delle esperienze recenti mutuandone le caratteristiche migliori.

L’errore che un po’ tutti hanno commesso prendendo in mano Sekiro è stato approcciarvisi allo stesso modo di come si farebbe con un Soulsborne. Nonostante le somiglianze superficiali, qui parliamo di un action/stealth piuttosto lineare e non di un action GDR improntato sulla libertà di esplorazione in un mondo vasto e interconnesso.

Lo spettro d’azione di Sekiro ha infatti dimensioni ridotte in confronto a un Dark Souls 3 o a un Bloodborne. Il mondo di gioco è perlopiù suddiviso in livelli non sempre comunicanti fra loro, motivo per cui avremo fin dall’inizio la disponibilità del viaggio rapido tra gli idoli, l’equivalente dei falò e delle lanterne. Se avete familiarità con le opere From Software, interfaccia ed elementi di contorno appariranno anche più fruibili del solito.

È evidente come lo studio nipponico abbia lavorato sulla limatura di certe incognite e arcani presenti nei lavori precedenti. I tutorial sono ora precisi e puntuali, oltre che frequenti; i personaggi non parlano più per figure retoriche e sottintesi ma danno indicazioni chiare; gli oggetti contengono descrizioni accurate su come utilizzarli lasciando da parte il lore fine a se stesso; ogni tecnica utilizzabile viene sviscerata con attenzione ed è addirittura presente una sorta di modalità allenamento in stile picchiaduro.

Level design verticale che gratifica il giocatore

Persino il level design è stato ritoccato in ottica accessibilità. Ho trovato le ambientazioni meno labirintiche rispetto al passato, forse perché si è deciso di puntare più sullo sviluppo verticale che orizzontale. In un contesto simile il rampino diventa fondamentale, consentendoci di avere una visuale panoramica su tutto lo scenario, nemici inclusi.

Stiamo parlando di uno stealth game, dove procedere a testa bassa ignorando appigli e coperture significa morire male. Generalmente abbiamo attuato un approccio cauto in ogni area, salvo quelle finali, anche perché la mole di avversari su schermo non consentiva un’azione alla Rambo. Varie sezioni richiedono al giocatore di essere furtivo e sorprendere alle spalle una serie di nemici uno dopo l’altro. In questo si includono diversi mini-boss piazzati strategicamente per spingerci a cercare una via alternativa che termini con il tipico backstab.

Un esempio calzante potrebbe essere una stanza che se approcciata nel modo più rapido ci vede fronteggiare una situazione di svantaggio numerico, mentre facendo il giro largo e utilizzando una particolare abilità ci pone addirittura in vantaggio. Questo genere di level design gratifica e premia le giocate intelligenti, senza comunque precludere le opzioni di ingaggio diretto a chi ne voglia usufruire.

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C’è comunque da dire che si tratta di un ambiente statico e precario, parecchio irregolare. I nemici hanno un’intelligenza artificiale a dir poco ridicola e routine spesso inesistenti. La maggior parte rimane ferma sul posto ad attendere di essere sgozzata, non vede a un palmo dal proprio naso e non sente neanche le esplosioni atomiche. Un’altra parte, invece, ci scorge persino da dietro i muri a chilometri di distanza costringendoci a fuggire previa gangbang da parte di orde inferocite. Il tutto in modo casuale. Se dunque vi aspettate un Thief o uno Splinter Cell rimarrete probabilmente molto delusi. Ed è un vero peccato.

Sistema di combattimento

In ogni caso il fulcro rimane il combattimento a viso aperto, da sempre cavallo di battaglia di From Software. Quello di Sekiro è il miglior combat system all’arma bianca provato finora, a nostro avviso superiore persino a quello di Dark Souls e Bloodborne. Ok, i principi alla base sono leggermente diversi ma il feeling di potenza e fluidità provato con Sekiro non ha al momento rivali tra i colleghi di genere.

La schivata perde parte del suo valore, che qui passa alle parate con la katana. Deflettere i colpi al momento giusto è fondamentale, ancora più che evitarli. Il motivo è semplice. L’enfasi non va sulla barra della salute ma su quella della postura, elemento innovativo e geniale. La postura rappresenta il numero di colpi parabili prima che si spezzi la guardia e si riceva un colpo critico. Nel caso dei nemici, che spesso sono dotati di più barre della salute, riempire l’indicatore della postura significa portarsi a casa la vittoria.

Ciò equivale all’eventualità di trovarsi in scontri brevissimi o eterni, e tutto dipende da quanto saremo aggressivi deflettendo e colpendo per spezzare la guardia dell’avversario. È anche possibile ignorare la postura e scalfire lentamente i punti vita del nemico ma sconsigliamo tale approccio in quanto prolunga inutilmente gli scontri, e aumenta il rischio di essere sorpresi da un’arte e lasciarci le penne.

Non di rado, infatti, vedremo apparire dei kanji rossi che segnalano l’attivazione di tecniche speciali. Sono le arti, e non possono essere parate ma soltanto deflesse con un timing molto ristretto. In pratica se scazzate anche di un millesimo di secondo siete fregati. In caso contrario otterrete una forte diminuzione della postura nemica. Quando si dice grandi rischi, grandi ricompense. Un ottimo principio.

Sistema di progressione ed elevatissima difficoltà

Piaciuta anche la progressione, che abbandona le anime per tornare ai classici punti esperienza. Con i punti sbloccheremo abilità e tecniche, sia attive che passive, da utilizzare dentro e fuori dai combattimenti. I veri e propri upgrade alle statistiche sono però molto difficili da ottenere, forse un po’ troppo. Salute e postura aumentano dopo aver raccolto 4 pezzi di un determinato oggetto sparso per il mondo di gioco. Ne sono presenti una quarantina in tutto, generalmente nascosti in locazioni non proprio evidenti oppure droppati da certi mini-boss.

Le fiaschette per il recupero della salute seguono la filosofia di Dark Souls 2 con i vari cocci da raccogliere per aumentarne il numero e potersi curare fino a una decina di volte prima di doverle ricaricare riposando a un idolo. Per accrescere il potere d’attacco basterà invece sconfiggere i boss principali. Questi, come da tradizione FromSoftware, godono di un design ispiratissimo e di moveset elaborati. Il trial and error è naturale. Si memorizzano movimenti e manovre per poi anticiparli e sodomizzare il cattivone di turno. Niente di realmente nuovo se conoscete lo sviluppatore in questione.

La differenza è che in Sekiro avrete più opzioni in combattimento grazie agli strumenti da shinobi che il protagonista usa attraverso il braccio prostetico, insieme alle possibilità offerte dalle manovre aeree supportate da salto e rampino. Battersi all’arma bianca è un piacere, sia per gli occhi che per le mani. Sembra di osservare una danza scandita dal ritmo delle lame stridenti e dal suono dell’aria tagliata in due dai colpi mancati. Ogni attimo è potenzialmente decisivo per le sorti degli scontri e commettere un singolo errore di valutazione può costare carissimo.

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Sekiro è un gioco terribilmente punitivo

L’impatto col gioco sarà brutale per molti, e non nascondiamo che lo è stato anche per noi. Stranamente la difficoltà si abbassa con l’incedere delle ore, soprattutto se sbloccate i potenziamenti per salute e postura. Con il quantitativo risicato di salute iniziale non andrete da nessuna parte. Basterà un colpo a caso per strapparvi via tre quarti dei punti vita, se non addirittura per uccidervi seduta stante. L’obbligo di procurarsi i potenziamenti, unito alla penalità eccessiva per la morte, è l’unico appunto che ci sentiamo di fare sul livello di sfida.

Nelle prime fasi, infatti, l’unico modo per avere gli upgrade sarà liberarsi di fastidiosi mini-boss che però potranno distruggerci l’ano anche con un solo colpo. Morendo, le cose peggiorano. Ogni morte corrisponde a una possibilità (prima 70%, poi superiore) di perdere metà dei soldi e dei punti esperienza. Inoltre rischieremo pure di veder morire gli NPC intorno a noi, a causa di una malattia curabile solo usando uno strumento non proprio comune, almeno non all’inizio dell’avventura.

Così la morte smette di essere parte integrante del processo di apprendimento, del trial and error, e diventa una semplice punizione cattiva fine a se stessa. Poco importa se si può resuscitare una, due o tre volte, d’altronde ci sono boss che hanno fino a 3 barre di salute. L’impatto iniziale col gioco resta paragonabile a quello di un Freccia Rossa su una cicala. Non il modo ideale di accogliere gli utenti nel tuo gioco, parlando proprio sinceramente. Ecco il motivo per cui un po’ tutti siamo concordi sul definire Sekiro il lavoro più brutale di FromSoftware rilasciato finora. Decisamente un’esperienza non adatta ai poco pazienti e ai deboli di cuore.

Storia e lore

Per quanto riguarda la storia il parere è positivo, alla luce di un’interpretazione originale e affascinante del materiale storico (Giappone dell’era Sengoku) e dei diversi elementi mitologici appartenenti alla cultura orientale. Come dicevamo prima gli arcani sono stati finalmente messi da parte e la narrazione scorre liscia e limpida dall’inizio alla fine. Non c’è alcun bisogno di sorbirsi 17 video da 40 minuti ciascuno per comprendere parti fondamentali dell’intreccio spesso inventate dagli Youtuber, né di andare a spulciarsi centinaia di guide per ottenere i 4 finali disponibili, peraltro tutti riuscitissimi e in grado di concludere al meglio il racconto.

Chiaramente il tanto decantato lore è presente ma stavolta conoscerlo o meno non pregiudica la godibilità dell’opera. Sekiro è senz’altro molto più concreto, concentrato e meno vago dei titoli che lo hanno preceduto. Seguendo l’ottimo esempio di Bloodborne, FromSoftware continua a brillare nella creazione di mondi e scenari standalone, ovvero nelle nuove IP. Ci auguriamo di vederne tante altre in futuro e di osservare la continua crescita creativa di uno degli studi più talentuosi nella scena videoludica odierna.

In ambito tecnico non molto da segnalare. Buono con qualche riserva il comparto grafico, che si regge più che altro sulla sfera artistica e la magia di certe ambientazioni al limite del verosimile. Bellissime soprattutto le aree finali, in particolare quelle sbloccate con il secondo finale segreto, e la colonna sonora che gli fa da sfondo. Il motore grafico ha i suoi anni e si vede soprattutto dalla resa di modelli e texture (ehi, qui per lo meno ci sono degli abbozzi di labiali) ma sia in QHD che in 4K il risultato complessivo non può dirsi carente. Peccato per il lock a 60fps su PC ma anche a dettagli massimi non abbiamo mai riscontrato alcun calo o problema di sorta.

Consigliato


Inizialmente abbiamo avuto parecchie frustrazioni con Sekiro e la china sembrava impossibile da risalire. Poi il masochismo ha preso il sopravvento e in qualche modo siamo riusciti a sopravvivere fino ai titoli di coda con un pizzico di salute mentale residua. Dare un giudizio obiettivo a questo gioco è quanto mai complesso. Ci limitiamo a dirvi che se avrete la forza e la pazienza di resistere alle prime ore d’inferno, la ricompensa finale sarà più che soddisfacente. Sekiro, a mio modesto parere, è ad oggi il miglior titolo sviluppato da FromSoftware. Il più difficile, il più frustrante ma anche il più divertente. E scusate se è poco.

PregiDifetti
  • Sistema di combattimento stellare
  • Comparto narrativo coeso e gradevole
  • Level design intelligente
  • Artisticamente eccelso
  • Piuttosto longevo
  • Come stealth è mediocre
  • Strana curva della difficoltà
  • Eccessive e fuori luogo le penalità per la morte

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