The Witcher 4 non sarà come nel video tech demo

CD Projekt Red ha recentemente mostrato una tech demo ambientata nell’universo di The Witcher 4, suscitando immediatamente reazioni contrastanti tra entusiasmo sfrenato e scetticismo consolidato. Ciò che si è visto è una sequenza costruita su Unreal Engine 5, ricca di dettagli tecnici che ne dimostrano la potenza: vegetazione estremamente densa, animazioni muscolari realistiche, folla reattiva, ambientazioni ispirate a Kovir e una resa visiva impressionante a 60 fps su PlayStation 5. Tuttavia, ciò che ha davvero fatto discutere non è tanto ciò che è stato mostrato, quanto il modo in cui è stato recepito: un malinteso collettivo che ha trasformato una semplice dimostrazione ingegneristica in un presunto primo sguardo al gameplay del futuro The Witcher 4.

Questo tipo di incomprensione non nasce dal nulla, ma si innesta su una lunga e controversa storia fatta di aspettative disattese. È impossibile non pensare alla famigerata demo dell’E3 2017 di Cyberpunk 2077, uno dei casi più lampanti di presentazioni illusorie nel mondo videoludico. Ciò che all’epoca era stato venduto come gameplay, si rivelò in seguito una sequenza completamente scriptata, priva di una vera logica funzionante alle spalle. Questa ferita non si è mai rimarginata del tutto: ancora oggi, ogni nuova presentazione da parte dello studio polacco viene accolta con un misto di entusiasmo e diffidenza, spesso inclinando verso il secondo.

La tech demo di The Witcher 4 ha seguito una traiettoria simile. Benché CD Projekt abbia chiarito fin dall’inizio che si trattava di un proof of concept, dunque priva di interfaccia, interazioni reali o elementi di gameplay, la comunicazione si è rivelata insufficiente. In poche ore, molti canali, influencer e addirittura testate hanno rilanciato il filmato come se fosse una vera e propria anticipazione del gioco. Il fraintendimento si è diffuso con una rapidità virale, raggiungendo decine di migliaia di utenti e cementando un’immagine tanto potente quanto erronea. Le conseguenze di questa distorsione non sono affatto trascurabili: quando un pubblico finisce per credere di aver visto qualcosa che non c’è, l’inevitabile confronto futuro con la realtà finisce spesso per generare frustrazione e accuse di inganno.

Il problema è amplificato dalla natura stessa di Unreal Engine 5, motore grafico capace di creare meraviglie visive, ma spesso ostico da ottimizzare, specialmente su hardware non di ultima generazione. L’industria videoludica è già costellata di esempi in cui trailer spettacolari si sono poi tradotti in giochi instabili, con framerate altalenanti, stuttering persistente o addirittura downgrade grafici evidenti. Quando si promette una resa visiva straordinaria, mantenere quella promessa su console come PS5 base diventa un’impresa difficile, se non impossibile. E se ciò non accadrà, il pubblico si sentirà nuovamente tradito.

C’è poi un altro aspetto da considerare: le aspettative generate da una demo così costruita vanno ben oltre la mera curiosità tecnica. Mostrare ambienti densi di vita, NPC che reagiscono naturalmente, muscolature animate nel dettaglio e cavalli realistici – tutto questo finisce per suggerire implicitamente un salto qualitativo nell’interazione del giocatore con il mondo. Anche se non si dichiara esplicitamente che queste caratteristiche saranno parte del gioco, il messaggio visivo le rende comunque una promessa implicita. Il rischio di creare hype basato su illusioni è dietro l’angolo, ed è un terreno che CD Projekt dovrebbe ormai conoscere fin troppo bene.

A fronte di tutto ciò, l’unica strategia sensata sarebbe stata una comunicazione più rigorosa, preventiva e inequivocabile. I disclaimer tecnici devono essere chiari, visibili, ribaditi. Ogni scena dovrebbe essere accompagnata da un contesto preciso: è reale? È una simulazione? È una tech demo su binari? Troppo spesso, anche quando gli sviluppatori cercano di spiegarsi a posteriori, il danno è già fatto. Le aspettative si formano nel momento in cui le immagini vengono viste, non quando i comunicati stampa arrivano ore dopo.

Va inoltre considerato che la demo è stata prodotta in una fase molto precoce dello sviluppo. Secondo dichiarazioni ufficiali, la produzione effettiva del gioco è partita solo alla fine del 2024, il che rende il contenuto mostrato poco più di un esercizio ingegneristico. Se, come probabile, il titolo uscirà solo tra il 2028 e il 2029, la distanza tra la visione presentata oggi e il prodotto che vedremo tra quattro anni sarà enorme. Qualsiasi confronto futuro con questa demo rischia di ritorcersi contro lo studio, alimentando una percezione di downgrade anche qualora il risultato finale fosse comunque di alto livello.

Il nocciolo della questione è che CD Projekt si trova in una posizione delicata: da un lato ha il dovere di generare entusiasmo, di mostrare progressi e innovazioni; dall’altro deve evitare di ripetere errori che hanno già messo a rischio la sua credibilità. Questo equilibrio non è facile da mantenere, soprattutto in un panorama mediatico in cui le informazioni vengono distorte, accelerate e amplificate in modo incontrollabile.

In questo contesto, anche le scelte narrative e simboliche hanno un peso. L’uso di Ciri come protagonista, l’ambientazione a Kovir, le speculazioni sulla nuova trilogia: ogni elemento getta le basi per una mitologia futura che rischia di non reggere il confronto con il carico di significati che le viene appiccicato addosso. E se l’immaginario collettivo si fissa su un’idea di The Witcher 4 come un capolavoro annunciato, ogni deviazione da quella visione verrà percepita come una delusione, anche se il gioco sarà valido.

Non si tratta quindi solo di una questione di trailer o rendering. È un problema di aspettative, di memoria collettiva, di reputazione già compromessa. La community non dimentica facilmente le promesse non mantenute, e non è disposta a perdonare altri errori. Ogni tech demo, ogni teaser, ogni frame pubblicato su The Witcher 4 contribuisce a costruire o a erodere la fiducia residua. In un mercato sempre più cinico e polarizzato, non basta più stupire: bisogna convincere.

Se CD Projekt intende davvero riconquistare il posto d’onore nel panorama degli RPG open world, dovrà smettere di inseguire l’effetto “wow” e tornare a coltivare l’effetto “credibilità”. Mostrare ciò che è davvero in lavorazione, parlare in modo trasparente delle sfide, documentare progressi concreti e, soprattutto, evitare ogni ambiguità comunicativa. Solo così sarà possibile trasformare una tech demo da strumento potenzialmente dannoso a primo tassello di una rinascita autentica. Il tempo a disposizione c’è. La fiducia, molto meno.

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