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Titanfall 2 e la qualità che non paga

Le scarse vendite di Titanfall 2 e i numeri da capogiro di Battlefield 1 e Infinite Warfare testimoniano due cose.
Una è l’impatto eccessivo del marketing nell’industria videoludica odierna, l’altra l’abbassamento degli standard qualitativi richiesti dall’utenza in fase d’acquisto.
In vetta alle più recenti classifiche di vendita, almeno su console, troviamo quasi solo le iterazioni annuali di titoli tanto celebri quanto ormai stantìi vale a dire FIFA, WWE, Call of Duty e così via, sorretti anno dopo anno dalla potenza del brand di appartenenza e da campagne pubblicitarie dal valore di svariati milioni.
Siamo dunque giunti al punto in cui la qualità effettiva del prodotto è passata in secondo piano?

In realtà dietro il fallimento commerciale di certi giochi si annidano numerosi motivi spesso esuli dalle strategie dei publisher.
Il videogiocatore medio, inutile nasconderlo ipocritamente, è di vedute piuttosto limitate.
Per lui non esiste niente di accettabile all’infuori dei tripla A a cadenza annuale, l’innovazione e l’originalità devono essere ignorate. La grafica, la risoluzione, il framerate, il multiplayer sono gli unici fattori che prende in considerazione al momento dell’esborso economico.
Ma andiamo al nocciolo della questione. Cos’ha Titanfall 2 in meno rispetto ai suoi due principali concorrenti? Nulla, ci verrebbe da dire, eppure la ricezione del pubblico ha messo in evidenza alcuni punti interessanti.
A quanto pare i difetti avvertiti dalla maggioranza dei giocatori riguardano il comparto tecnico e la popolazione sui server.
Battlefield, in entrambi i casi, lo supera senza sforzi, bisogna ammetterlo, però sarebbe stupido basare l’acquisto soltanto su tali ragionamenti.

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Innanzitutto il motore grafico di Titanfall 2, versione modificata del Source, non rende così male come si vorrebbe far credere. Il colpo d’occhio offerto da certi scenari è infatti notevole a prescindere da texture, illuminazione e distruttibilità dell’ambiente di sicuro inferiori rispetto al concorrente.
In secondo luogo lamentarsi della bassa player base porta a un circolo vizioso che potrebbe essere quantomeno attenuato dall’acquisto e dal passaparola generale, d’altronde chi se non i giocatori stessi contribuisce a riempire i server?

Certo, parte della responsabilità ricade senza dubbio su Electronic Arts e sulla scelta dell’infelice finestra di lancio del gioco.
Nonostante il publisher statunitense dichiari il contrario (specificando che i due titoli mirino a tipi di audience differenti), far uscire Titanfall 2 appena una settimana dopo Battlefield 1 e per giunta in un periodo zeppo di titoli rilevanti si è rivelato alquanto deleterio per il lavoro di Respawn Entertainment.
Bizzarro come si sia peraltro intrapresa la strada dei DLC gratuiti, senza gli odiosissimi Season Pass e Premium. Sarebbe stato lecito gioire d’innanzi a un FPS multiplayer tripla A del 2016 venduto nella sua interezza a 60€. E invece no, a quanto pare il gamer medio preferisce spenderne 130 per prodotti complessivamente inferiori.
In questo modo non facciamo altro che dimostrare a EA di non voler ritornare alle origini, di accontentarci della mediocrità sovrapprezzata e dilaniata dalla scorrettezza di modelli economici anti-consumatore che in certi casi sforano l’offensivo, basti pensare alle cinque-sei edizioni digitali per gioco ognuna con bonus differenti.

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Molti utenti del web pensano addirittura che quello di Titanfall 2 sia un fallimento pianificato anzitempo dalla stessa Electronic Arts per giustificare bonus preorder/season pass nelle sue serie principali.
Che si tratti di verità o fantasie, comunque, le classifiche parlano chiaro: il modello economico peggiore sta avendo la meglio.

Cosa fare, allora?
Il nostro consiglio è di supportare preventivamente i titoli come l’ultimo Titanfall senza pensarci due volte.
Se vedete un gioco che sembra meritevole e non abusa delle politiche corrosive sui DLC, compratelo anche a prezzo pieno.
Bisogna mandare un segnale forte ai vertici dell’industria. Serve coraggio, furbizia, fiducia negli sviluppatori onesti che non vogliono trattare i propri utenti come vacche da latte.
Se invece vogliamo condannare il mercato videoludico al degrado e all’immoralità eterna, beh, continuiamo pure per il verso opposto. Si vota e si decide, come al solito, con il portafogli.

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