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Darkest Dungeon – Recensione | Deep, dark fantasy

Quando si parla di giochi duri, difficili e cattivi bisogna effettuare i dovuti distinguo.
Esistono infatti dei titoli ostici a causa di scelte sadiche, ingiuste e talora mal calcolate di game design da parte degli sviluppatori e titoli la cui raffinata ma oscura complessità può essere domata attraverso l’apprendimento graduale di ogni meccanica, soprattutto quelle meno evidenti.
Darkest Dungeon, RPG a turni con elementi roguelike creato dal team indipendente Red Hook Studios e supportato per circa un anno grazie all’early access su Steam, si ascrive senz’altro alla seconda delle categorie appena citate.
Scopriamo perché.

Darkest Dungeon – Recensione

Data di uscita: 19/01/2016
Versione recensita: PC
Disponibile su: PC
Lingua: Inglese
Prezzo di lancio: €19.99

Approcciandosi a Darkest Dungeon per la prima volta, è importante capire sin da subito alcuni precetti fondamentali imprescindibili dal sistema di gioco.
In primis bisogna adottare una mentalità estremamente conservativa, almeno durante le prime ore, poiché il ragionamento e la cautela nella pianificazione valgono ben più della forza bruta dimostrata in azione.

Darkest Dungeon – Trailer di lancio

Non ci soffermiamo sugli spunti narrativi, in quanto piuttosto esigui e non rilevanti: l’obiettivo è quello di rimediare ad un’infestazione maligna avvenuta in un misterioso maniero completando un certo numero di dungeon, suddivisi in cinque macro-aree, tramite il controllo di un gruppo formato generalmente da quattro eroi soggetti a molteplici disturbi psicofisici provocati dalle missioni intraprese.

Il tempo in game passa a cicli settimanali dopo le singole quest e di volta in volta ci verranno forniti degli eroi (all’inizio solo tre) da inserire nel nostro roster ed utilizzare a piacimento per la creazione di team personalizzati.
Tutti gli avventurieri di Darkest Dungeon sono generati randomicamente, a partire dalla classe fino ai tratti caratteristici in grado di conferire bonus e malus durante le esplorazioni, potendo inoltre contare su sette abilità offensive intercambiabili; essi vengono però accomunati da una statistica in particolare, forse la più incisiva in termini di gameplay, ovvero lo stress.

Oltre ad aver periodicamente bisogno di cibo per riempire lo stomaco e recuperare la salute, i personaggi devono fronteggiare sensazioni come ansia, tristezza e paura a seguito di eventi sfortunati quali trappole, colpi critici e pericolosi incontri.

darkest dungeon recensione

Se la barra dello stress raggiunge il massimo, l’eroe viene afflitto dallo status di follia e può sia guadagnare un attributo permanente che influisce sul suo comportamento in battaglia sia, seppur raramente, morire di crepacuore con tanto di permadeath.
E’ tuttavia possibile ridurre la percentuale di esaurimento psichico in vari modi, ad esempio accampandosi presso un falò all’interno di un dungeon e spendendo dei punti abilità assegnati ai personaggi in grado di acquietare gli umori del gruppo oppure consumando del cibo.

Un altro efficace modo di curare la mente del nostro team consiste nel corretto utilizzo dell’hub di gioco, una cittadella costituita da numerosi punti di riferimento e ristoro come bar, chiese, fucine e cimiteri.
La cosiddetta Hamlet Estate riveste un ruolo chiave nelle fasi iniziali della partita: le strutture possono e devono essere upgradate spendendo le risorse guadagnate dalle missioni così da permettere la totale fruizione dei luoghi adibiti alla riduzione di stress, malattie e tratti negativi acquisiti in precedenza, ma anche al potenziamento di armamenti, abilità, oggetti da equipaggiare nonché all’ampliamento del roster, davvero importantissimo se si vuole progredire con costanza.

Ciò che fa storcere il naso, in un sistema comunque dannatamente appagante e capace di lasciarsi apprezzare già dopo poche ore, è la presenza a volte opprimente dell’RNG sotto forma di malus o stress che fioccano senza il minimo preavviso e a cui ovviare diventa spesso impossibile, costringendo il giocatore a liberarsi anzitempo di eroi che sarebbe troppo dispendioso risanare.

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Venendo invece a dungeon e nemici, introduciamo l’argomento proceduralità.
Stanze, incontri ed eventuale loot sono totalmente randomici in Darkest Dungeon, sebbene equilibrati al livello consigliato ad inizio missione, eppure abbiamo avuto la sensazione che parecchie location si ripetessero in toto modificando solo lo scenario.
Ad un certo punto si giunge ad avventurarsi in grotte o rovine aspettandosi nient’altro che nemici più potenti, tralasciando dunque l’aspetto puramente esplorativo in grado di suscitare la curiosità dell’utente a lungo termine.

E’ pur vero che i dungeon acquistano durezza e personalità man mano che la torcia (singolare strumento regolatore della difficoltà in game) si affievolisce ma il level design un tantino piatto non conosce sostanziali variazioni nel corso della campagna, peraltro dotata di una longevità potenzialmente infinita.

Gli avversari, d’altro canto, vantano -come anche gli eroi- un character design sopraffino e riescono a mettere il player in difficoltà con estrema agevolezza, specie se quest’ultimo adotta la forma mentis de “la miglior difesa è l’attacco” e si dedica soltanto al DPS trascurando status, percentuali, buff ed abilità curative.
Presenti inoltre un numero considerevole di boss, affascinanti quanto problematici dal primo all’ultimo e anch’essi decisi a punire senza sconti qualsiasi strategia non ponderata.

darkest dungeonMolto convincente il comparto artistico, forte di uno stile disegnato a mano che lascia trasparire tutto l’amore dell’artista per il dark fantasy unito all’horror gotico e lovecraftiano in grado, da solo, di conferire un’incredibile ed inconfondibile fascino al gioco.
Ogni dettaglio trasuda decadenza, instilla tensione e dà un’idea palpabile dello stress che i nostri eroi sono costretti a subire in un mondo dalle tinte rosso sangue e nero pece.

L’onnipresente narratore, beffardo e sarcastico al punto da suscitare istinti omicidi, e la cupa soundtrack ambientale non fanno altro che suggellare la riuscita di un’ottima atmosfera, a tratti dark come il migliore tra i Souls.
Darkest Dungeon presenta dei menù abbastanza spartani con appena le opzioni imprescindibili e qualche mancanza, cioè sottotitoli, possibilità di personalizzare l’HUD e cambiare lingua ma compensa con una buona dose di tutorial e, ovviamente, prestazioni perfette persino su sistemi datati.

Conclusioni
Cercavamo da tempo un RPG arduo come Darkest Dungeon, un connubio quasi perfetto fra meccaniche difficili da padroneggiare ma soddisfacenti e un setting medievale talmente tetro da incutere timore ai cavalieri più valorosi di ogni reame.
Non è un gioco che vi accompagnerà con gentilezza, sappiatelo, dunque aspettatevi che la situazione vi sfugga di mano in molteplici occasioni, anche a causa di un RNG talvolta punitivo, ma siate consapevoli del fatto che grazie all’esperienza, alla pazienza e alla pianificazione riuscirete a superare qualsiasi ostacolo si pari sul vostro cammino alla ricerca della fonte maligna per eccellenza.
Valutazione

8.9
+ Atmosfera riuscitissima
+ Difficile, profondo, appagante
+ Ampia personalizzazione degli eroi
+ Potenzialmente infinito
– RNG a volte penalizzante
– Level design senza alti né bassi

Un commento

  1. Davvero un bel gioco. Molto difficile, sopratutto nelle fasi iniziali a causa degli strascichi mentali che spesso condizionano l’efficenza dei componenti del rooster dopo ogni missione. Una buona strategia pare essere compiere missioni di “farming” con membri votati al sacrificio, così da poter gestire meglio gli eroi preferiti. Una maggiore varietà dei nemici e delle situazioni in fase di esplorazione avrebbe giovato parecchio, ma rimane un gioco avvincete.

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