battlefield v 5

Electronic Arts: cucinando i giocatori come vuole la tradizione

Ve lo ricordate il buon vecchio John Riccitiello, ex boss di Electronic Arts? Sì dai, quello con la faccia da bradipo che con le sue meravigliose manovre ha decretato l’inizio del declino per la compagnia. Lo stesso che veniva descritto dai dipendenti come “ignorante nel campo dei videogiochi e dell’intrattenimento, oltre che odioso”. Di lui dicevano anche che avesse causato più perdite che guadagni e spinto sviluppatori a migrare verso studi nei quali poter essere realmente creativi.

Una manna dal cielo, insomma. Non che Androide Wilson sia da meno, intendiamoci, però se oggi il livello di fetore emanato da Electronic Arts pareggia quello di una tana di volpi in fase di parto lo dobbiamo prevalentemente a lui. Sull’internet siamo riusciti a scovare una sua dichiarazione rilasciata a un incontro con gli investitori avvenuto lo scorso anno. Ed è piuttosto emblematica. Godiamocela insieme.

“[…] Un altro argomento rilevante che ritengo molti ignorino è la grande e sostanziale fetta di introiti rappresentata dalle micro transazioni. Quando raggiungi le 6 ore di gioco in Battlefield, sei a secco di munizioni e noi ti chiediamo un dollaro per ricaricare, non sarai più tanto avverso a spendere. Il prezzo reale di quel caricatore è naturalmente molto basso, e questo è uno dei motivi per cui il meccanismo del ‘gioca ora, spendi dopo’ funziona così bene. Aspettiamo che il consumatore accumuli 10, 20, 30, 40, 50 ore in game e una volta sviluppato un forte coinvolgimento emotivo iniziamo a spennarlo. Pensate che io stesso ho speso circa 5000 dollari in un anno in prodotti simili, a testimonianza del fatto che la strategia sia validissima. Si tratta di un gran bel modello e ritengo rappresenti un futuro sostanzialmente migliore per l’industria.”

john riccitiello electronic arts
John Riccitiello, ex capo di Electronic Arts, mostra le dimensioni delle supposte che ha preparato per i giocatori.

Chiaro che a questo punto nessuno rimarrà sorpreso da dichiarazioni del genere. Ormai ci siamo abituati, è prassi comune da parte dei publisher manipolare psicologicamente giocatori di ogni età a diventare dei drogati e spendere in modo compulsivo. Del resto il modello descritto da Riccitiello spopola su mobile e racimola decine di miliardi di dollari l’anno. Poi vabbè, ci sono dei piccoli inconvenienti tipo conti in banca dei genitori svuotati, relazioni e vite rovinate ma nulla di tanto grave da spingere le aziende a farsi qualche scrupolo.

In un articolo precedente vi avevamo parlato di come l’industria mobile utilizzasse trabocchetti psicologici e comportamentali per incastrare i giocatori già da almeno 5 anni. Il buon Torulf di Tribeflame spiegava in un keynote proprio in che modo sfruttare, tra le altre cose, il coinvolgimento emotivo dell’individuo per invitarlo a spendere in micro transazioni. Ha addirittura suggerito di far leva sulla stanchezza e la depressione del cliente, tipo che se ti muore il cane sei più disposto a colmare il vuoto acquistando ciò che ti viene proposto. Della serie c’era una volta la dignità.

Ora fateci caso. I publisher tripla A (dove le tre A stanno per avido, amorale e abominevole) stanno a tutti gli effetti trasformando i loro prodotti in app mobile, con l’unica differenza rappresentata dal prezzo. Perché mentre gli sviluppatori di app hanno quantomeno la decenza di utilizzare il modello free to play, Electronic Arts e amici vogliono botte piena e moglie ubriaca. Quindi non solo paghiamo dai 70 in su per gioco più DLC, Season Pass multipli, centinaia di edizioni speciali, bonus preordini ed altre porcherie, dobbiamo pure beccarci le micro transazioni. Perché non si spende mai abbastanza, parola del CEO di Take Two.

dragon age 4
Dragon Age 4, di BioWare, è il tripla A più a rischio tra i prodotti di prossima uscita targati Electronic Arts.

Tornando comunque nello specifico alla tattica del ‘gioca ora, spendi dopo’ ventilata da Riccitiello, mi accorgo di un fatto curioso. Avete presente quando un titolo esce pulito e viene sporcato con le micro transazioni settimane dopo il lancio? I meno maliziosi potrebbero pensare che sia soltanto una tattica per evitare le recensioni negative e massimizzare le vendite. Ma chi mangia pane e complotti vi dirà che tutto ciò fa parte del piano per assicurarsi il coinvolgimento da parte dei giocatori più assidui e addolcire l’esborso monetario extra.

L’ultimo caso è quello di Crash Team Racing Nitro Fueled, a cui le brillanti menti di Activision hanno inserito uno shop dove è possibile spendere soldi veri per acquistare oggetti. Micro transazioni retroattive. Non vi piacciono? Non siete contenti? E aspettiamoci il pay to win anche in Wolfestein Youngblood, l’ultima raccapricciante fatica di Bethesda dove per il momento ci si limita alla vendita di cosmetici. Brutti, tra l’altro, come il gioco stesso.

Allora non stupiamoci se tra qualche anno la maggior parte dei titoli cosiddetti hardcore diventerà un clone di Clash of Clans. Mi prendevano per matto quando imploravo di non acquistare per principio i primi giochi AAA contenenti micro transazioni o comunque contenuti sottratti dal gioco base e venduti separatamente. “Che sarà mai?” mi dicevano. “Basta ignorarle” o “Lascia stare, tanto non le comprerà nessuno”. In certi casi odio avere ragione ma a quanto pare avevo ragione. Abbiamo fatto finta di niente fino ad oggi e ci è finita come la rana messa a bagno nell’acqua bollente. La temperatura è salita gradualmente ma in modo impercettibile cucinandoci vivi. Direi che se non avete già iniziato a boicottare qualunque gioco a pagamento contenga micro transazioni è giunto il momento di farlo. Altrimenti continuiamo pure a farci sfondare impunemente il deretano.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *