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Final Fantasy XII: The Zodiac Age – Recensione

Trascorsi dieci anni dall’uscita dell’originale su PlayStation 2, Final Fantasy XII: The Zodiac Age fa capolino in versione rimasterizzata, riveduta e corretta su PS4. La decisione da parte di Square Enix di riproporre al pubblico odierno i titoli salienti della saga di Sakaguchi aveva già dato i suoi frutti dopo il successo dell’ottima remaster di X/X-2, comprendente uno dei capitoli migliori della saga. Stavolta, invece, le carte in tavola sono cambiate. La dodicesima fantasia non è proprio tra le più amate, anzi. Ci si aspettava un mezzo miracolo dal punto di vista tecnico e contenutistico affinché il pubblico potesse mandarlo giù senza storie. Sarà stato effettivamente così? Andiamo a scoprirlo nella nostra recensione.

Final Fantasy XII: The Zodiac Age

Lo avrete capito: non siamo dei grandi estimatori di Final Fantasy XII. Uno dei motivi principali è la trama, affidata in principio a Yasumi Matsuno (writer di FF Tactics), poi purtroppo costretto ad abbandonare prematuramente il progetto per problemi di salute. Ne segue che l’intreccio parte in modo molto promettente, zeppo di temi maturi e implicazioni politiche, ma finisce per incespicare e perdersi nella più totale banalità. Un ruolo fondamentale, in senso negativo, lo svolgono i personaggi. La maggior parte del cast è insipida, mal caratterizzata, incapace di trovare un ruolo ben definito nello svolgersi degli eventi. Vaan, ad esempio, rientra a pieno titolo nella poco onorevole categoria degli odiati protagonisti biondi di JRPG.

Final Fantasy XII: The Zodiac Age – Trailer Storia

Il ragazzo, orfano, si trova improvvisamente coinvolto nella lotta tra l’impero di Archadia e la resistenza di Dalmasca, in seguito all’instaurazione di un nuovo console nella sua città assediata dalle truppe imperiali. In questo panorama oscuro e difficile Vaan sembra un pesce fuor d’acqua, un corpo del tutto estraneo e inadatto. Se si pensa che originariamente il protagonista avrebbe dovuto essere il regicida Barsh, dotato del carisma necessario a guidare un carro narrativo di tale portata, è facile avere dei rimpianti. Gli stessi che si provano nei confronti della sorte dei Giudici, i cattivi della situazione a cui viene concesso uno spazio davvero irrilevante. In ogni caso non ci troviamo di fronte a una storia da bocciare in toto. Ci sono dei momenti epici, dei bei colpi di scena e il focus sul mondo politico risulta interessante. Potrà non piacere a tutti ma è ben lontano dai disastri di Final Fantasy XIII. Per fortuna.

In termini di gameplay si riscontra una certa atipicità rispetto ai capitoli precedenti della serie. Il design si svincola dalla struttura lineare per aprirsi al semi-open world in cui NPC e nemici vagano liberamente per le location. Scompaiono di conseguenza gli scontri casuali. Il sistema di combattimento miscela invece action e strategia, seppur con risultati altalenanti. Di buono c’è che con i Gambit si possono assegnare vari compiti ai membri del team (curare alleati, assegnare priorità e così via) rendendoli flessibili e autonomi. Il meno buono sta nel combattimento vero e proprio, relegato a una danza attorno al nemico a causa dell’attacco automatico in stile MMO che rende il tutto estremamente legnoso e semplicistico. Si tratta insomma di un ibrido poco convincente, invecchiato peraltro piuttosto male.

A donare un pizzico di vitalità alla formula ci pensano le innovazioni della versione Zodiac. Innanzitutto il Job System, studiato per approfondire lo sviluppo dei personaggi. Nell’originale esisteva una scacchiera condivisa sulla quale avanzare sbloccando bonus, abilità ed equipaggiamenti attraverso i punti licenza ottenuti in battaglia. Qui si introducono le specializzazioni multiple (due ciascuno), atte a diversificare le funzioni svolte dei vari membri del team. Le classi a disposizione sono 12, sufficientemente variegate e adattabili pressoché a qualsiasi personaggio. Senz’altro un modo intelligente di amplificare l’impatto dell’utente in un sistema altrimenti comandato a tavolino da un pilota automatico.

Due ulteriori novità della riedizione consistono nella presenza di una modalità sfida e dei new game plus. La prima consiste in una serie di battaglie contro nemici progressivamente più forti ad ogni ondata. C’è un massimo di 100 incontri a cui si può partecipare importando il party desiderato. Delle ricompense trasferibili nel proprio salvataggio verranno sbloccate una volta ogni 10 vittorie. Quanto al new game plus le opzioni sono due: Weak e Strong Mode. In una si inizia il gioco al livello 90, nell’altra il livellamento viene disattivato del tutto. Se cercavate un’esperienza impegnativa e longeva, prendete seriamente in considerazione queste ultime modalità.

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Ancor più che in Final Fantasy X/X-2 HD, il lavoro tecnico qui svolto è eccellente. Se mettete a confronto gioco originale e versione Zodiac noterete un cambiamento radicale per quanto riguarda la risoluzione, le texture, ombre e illuminazione, DoF shader ma anche una convincente ricalibrazione dei colori. Il risultato finale, pur non avendo una resa da current gen, rimane notevole. Degno di lode anche il comparto sonoro grazie alla soundtrack riarrangiata e più spettacolare che mai. Unica pecca la mancanza dei 60 fps, nostro malgrado una costante in questo genere di prodotti.

Se non avete apprezzato Final Fantasy XII in epoca PS2, state tranquilli che non lo farete neanche adesso. Il gioco rimane, secondo noi, uno dei meno strabilianti della serie sia nell’aspetto narrativo sia in quello meccanico. Tuttavia le migliorie grafiche e contenutistiche apportate da Square lo rendono certamente appetibile agli occhi di coloro i quali vorrebbero dargli una chance sulla propria PlayStation 4, magari in modalità 4K. Per quanto l’opera originale possa tutt’oggi dividere la fanbase, comunque, The Zodiac Age merita senza dubbio un occhio di riguardo.

 

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