Monster Hunter, Mario e The Witcher: il tripla A sostenibile

Secondo alcuni studi, ogni due minuti un dirigente di Ubisoft, Electronic Arts o 2K muore di fame sul ciglio di una strada, fra l’indifferenza dei passanti.
Anche oggi, migliaia di sviluppatori non mangeranno, schiacciati da una realtà avversa dove i consumatori non pagano abbastanza.
Cercano di sopravvivere giorno per giorno, con loot box e micro transazioni, ma solo in pochi arriveranno a vedere il domani.

Il piccolo Timmy ha fame: il suo ultimo gioco ha venduto solo 8 milioni di copie. La sua Lamborghini ha bisogno di essere lavata, ma non ci sono i soldi. Lasceremo che vada a lavoro col tettuccio spruzzato da un piccione?
Anche i manager sono esseri umani, hanno bisogno del nostro aiuto.

Luke è un mio amico, lavora in Bungie” ci racconta la nostra fonte anonima. “Un giorno è entrato in ufficio con dei mocassini. Qui negli Stati Uniti non si usano spesso, gli ho chiesto che cavolo stesse indossando. Si è subito difeso dicendo che fossero di Valentino. Si sono avvicinati un paio di colleghi, continuava a dire che fossero di Valentino, era visibilmente a disagio. Abbiamo annuito, in fondo sapevamo tutti che si trattava solo di un modo per non pagare i lacci.
E’ dura arrivare a fine mese, quando come Luke guadagni 32.000 dollari al mese.

Con un piccolo contributo di 300 euro al mese anche tu puoi fare la differenza. Non lasciare che Timmy vada in giro su una Lamborghini cacata. Permetti a Luke di comprare dei lacci.
Dai anche tu una mano, compra un loot box.

Perché sì.

Super Mario Odyssey

Super Mario Odyssey, giusto per ricordarvi che il single player è morto

A parte i miei vaneggiamenti del venerdì mattina, oggi vorrei parlarvi di Monster Hunter World, di Super Mario Odyssey e di The Witcher 3. Immagino li conosciate un po’ tutti.

In giro per il mondo ci sono tante persone in giacca e cravatta che cercano di convincerci che i videogame producano introiti vergognosamente bassi. Tanto bassi da dover licenziare dipendenti, chiudere aziende, mentire ai consumatori eccetera eccetera. Sono guadagni così ridicoli che le micro transazioni e i loot box sono assolutamente necessari per garantire lo sviluppo dei prodotti a lungo termine.
Eh, perché i costi di sviluppo adesso sono molto più alti rispetto al passato, che ne volete capire voi? In qualche modo i publisher devono pur rientrare nelle spese e sperare di fare un minimo di profitto. No?

Nel frattempo esistono sviluppatori privi di tutte queste turbe mentali, che si limitano a produrre ottimi videogame, vendere le loro milionate di copie e supportare i prodotti senza richiedere praticamente nulla agli utenti. E’ stato il caso di The Witcher 3, di Super Mario Odyssey e, proprio adesso, di Monster Hunter World.
Ciascuno di essi ha venduto svariati milioni di copie, nel caso di Mario un risultato anche più impressionante se consideriamo che il gioco è disponibile su una sola piattaforma.

In nessuno di questi casi c’è stata la corsa alla monetizzazione: sono tutti videogame longevi, che impegnano a lungo, non ricorrono a scappatoie come le micro transazioni o il farming sfrenato dei loot box. E funzionano tutti alla grande.

the witcher 3 blood wine

Etica e correttezza verso i consumatori, CD Projekt Red insegna

The Witcher 3 ha avuto le sue due espansioni a pagamento – espansioni, non DLC.
I DLC sono arrivati, certo, ma sono stati distribuiti in forma del tutto gratuita, perché aggiungere qualche arma e qualche skin non dovrebbe comportare una spesa addizionale per chi ti ha già pagato 60 euro. Dovrebbe essere più che altro una maniera di ringraziare i tuoi utenti, gratificarli e fidelizzarli. Una sorta di investimento a lungo termine, che senza dubbio darà i suoi frutti, anche solo con il passaparola tra i forum.

Proprio ieri è stato rilasciato il primo, grande aggiornamento per Super Mario Odyssey, anche in questo caso in forma del tutto gratuita. E’ stata aggiunta una nuova modalità, da giocare come una sorta di minigame addizionale dopo aver completato il gioco. Naturalmente è richiesta una specie di pre-quest, in maniera tale da incrementare ulteriormente la già eccelsa longevità.
Non mancano dei costumi addizionali, messi lì giusto per far contenti i giocatori. E in effetti siamo contenti.

Alla fine c’è Monster Hunter World, che sta vendendo uno sfacelo un po’ in tutto il mondo. In primavera sarà rilasciato un mostro addizionale a cui potremo dare la caccia. Capcom ha già fatto sapere che il gioco riceverà aggiornamenti ed eventi periodici per tenere alto l’interesse dei giocatori sul lungo periodo.

“Non c’è nessun marketing migliore di un giocatore felice che raccomanda il nostro titolo ai suoi amici.”
CD Projekt Red

Penso che la cosa più grottesca, nell’attuale situazione del mercato dei videogame, sia che le uniche aziende meritevoli dei nostri soldi siano anche le uniche che non ci fanno pagare per i contenuti aggiuntivi. Senza dubbio alcuno sarei disposto a pagare per un nuovo mondo in Super Mario Odyssey o per una mappa addizionale in Monster Hunter World con tre o quattro mostri che se ne vanno in giro a far danni. Ti darei i miei 15 euro, magari anche 20, certo di star acquistando un prodotto di altissima qualità.
Eppure questi signori non mi chiedono di mettere mano al portafogli, si limitano a supportare il loro lavoro sperando che noi facciamo altrettanto. E noi lo facciamo, perché ci divertiamo, ci viene naturale parlarne bene, coinvolgere i nostri amici. Il nostro essere soddisfatti porta questi giochi a vendere copie in più. Tante.

Negli ultimi mesi ho notato che la maggior parte dei blogger, youtuber e streamer sta riuscendo a coalizzarsi contro le pratiche più assurde del mondo dei videogame. La stampa specialistica continua purtroppo a sguazzare nei soldi dei publisher, evitando di essere troppo aggressiva, limitandosi a frasi smorzate, censure improvvise e licenziamenti di redattori che volevano esprimere pareri scomodi.

monster hunter world

Monster Hunter World, anche Capcom sa come realizzare un AAA sostenibile

Alla fine della giornata, ciò che conta davvero è cosa pensano i consumatori, quelli che hanno 70 euro da spendere e decidono di investirli in un gioco piuttosto che in un altro. Ciò che conta davvero in pratica siete voi, quelli più informati, quelli che vanno a guardare video, leggere recensioni, quelli che partecipano alle discussioni sui forum, che scrivono i commenti, che danno vita ai flame e che si incazzano per un motivo o per un altro. Non i fanboy disposti a comprare una barretta di merda secca, se in copertina c’è stampato il logo giusto. Voi, quelli che hanno ancora un cervello, la volontà di usarlo e il rispetto di ascoltare pareri diversi dai vostri.

Nel nostro presente, qualsiasi publisher si sente autorizzato a prendersi tutto lo spazio che l’utente gli permette di prendersi. Non c’è una morale o un’etica da rispettare: se vuoi darmi i tuoi soldi io ne approfitto.
Venti o trent’anni fa un gioco era semplicemente un gioco. Il mercato era più piccolo, i videogiocatori erano automaticamente dei nerd sfigati. La società ti insegnava che dovevi quasi vergognarti di avere un hobby del genere.
“Se ti piacciono i videogame non puoi avere una vita sociale né una ragazza”.
E’ chiaro che in una simile realtà nessuno si sarebbe sognato di andare a spendere altri soldi per una passione di cui bisognava già vergognarsi.

“Se non vuoi ricevere regolamentazioni da un’autorità esterna, regolati tu stessa nella maniera corretta.”
Obsidian

Con gli anni le cose sono molto cambiate, l’avvento degli smartphone e di Wii hanno allargato l’offerta ai cosiddetti non giocatori. Le  pubblicità, il marketing e i titoli a cadenza annuale hanno creato una categoria di utenti disinformati, quelli che comprano un paio di titoli all’anno, che hanno una cultura basata esclusivamente sul passaparola degli amici. Sono quelli che ti comprano l’Assassin’s Creed annuale, il Call of Duty annuale, il FIFA annuale. Giochi vendutissimi proprio perché questa fascia di pubblico è in assoluto la più ampia.
Tra chi è disinformato è più facile trovare qualcuno disposto a spendere in micro transazioni di vario genere. E non è nemmeno colpa loro: manca la cultura necessaria a comprendere la gravità delle proprie azioni.

Io non criminalizzo Bungie per aver inserito i loot box in Destiny 2. Si tratta solo di domanda e offerta. La gente è disposta a pagare, quindi loro ti danno la possibilità di farlo.
Da questo punto di vista ha ragione 2K con il suo NBA 2K18: “diamo agli utenti ciò che desiderano“. Non fa una grinza.

Ma abbiate l’onestà intellettuale di ammettere che si tratta di massimizzare i guadagni, non ditemi che le micro transazioni sono lì perché sono necessarie. Perché stronzate del genere non arrivano al pubblico che vi paga quei soldini extra. Arrivano a me, arrivano a chi legge, arrivano a chi si informa con YouTube o con Twitch, arrivano a chi – nella maggior parte dei casi – non spende un centesimo oltre i 100 euro che già chiedete con gioco più Season Pass. Non servono frasi di circostanza, non serve cercare di giustificarsi quando la verità è sotto la luce del sole.

nba 2k18

NBA 2K18, un concentrato di avidità che ha venduto uno sproposito

Senza dubbio Mario, The Witcher e Monster Hunter avrebbero fatto una vagonata di milioni in più se avessero seguito l’esempio di Electronic Arts, Ubisoft o Activision. Non l’hanno fatto, preferendo far contenta la community più hardcore, quella composta dai giocatori più fedeli. Hanno preferito ricevere pubblicità positiva sui forum di mezzo mondo, piuttosto che puntare a quei milioni in più. Hanno sbattuto in faccia alle major del settore che il single player non è affatto morto, forse è solo meno conveniente. Meno conveniente perché di base gli esseri umani sono avidi. E l’avidità è ciò che ha portato a Destiny 2, a Battlefront 2, a L’Ombra della Guerra.
Non è il bisogno di rientrare nei costi di sviluppo, non è il tentativo di sopravvivere in un mercato terribilmente competitivo, non è la necessità di andare in positivo sui bilanci. E’ la volontà di far soldi con prodotti nati per essere incompleti, la decisione di abbandonare i videogame tradizionali per passare al gaming as a service. Nessuno vuole sviluppare giochi, quello a cui si punta sono piuttosto piattaforme mutilate, da aggiornare nel corso degli anni, che generino un flusso di introiti costante. La qualità passa in secondo piano.

Mario, The Witcher e Monster Hunter oggi sono qui per dimostrare a tutti che esiste un tripla A eticamente corretto ed economicamente sostenibile. Si tratta solo di decidere quanto investire, prevedere in maniera orientativa quante copie venderai. Ci sono analisti che si occupano proprio di questo, nessun publisher stampa copie a caso.
Stabilisci quanto spendere e assicurati il guadagno che consideri adeguato. Il resto è avidità.

cyberpunk 2077

Cyberpunk 2077 di CD Projekt Red continuerà sulla giusta strada

Per l’ennesima volta: le micro transazioni non sono affatto il male del mondo. E’ sensato che un free to play cerchi di monetizzare, così come è normale che lo faccia un tripla A che ti offre aggiornamenti gratuiti. Ma se un gioco costa 70 euro e un Season Pass mi chiede altri 30 euro direi che non puoi permetterti di chiedermi altri soldi. Nemmeno se è per roba cosmetica, perché significa che stai togliendo forza lavoro al team di sviluppo. Significa che ti stai concentrando su altri sistemi per far soldi, piuttosto che su contenuti che tutti possano gustarsi. Questo non va bene.

Poi stamattina mi sveglio e apprendo che Metal Gear Survive fa pagare 10 euro in micro transazioni se vuoi uno slot di salvataggio in più.
Meglio tornare a dormire.

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