the flame in the flood

[Recensione] The Flame in the Flood – Sopravvivere a ritmo di folk

Data di Uscita 24 Febbraio 2016 Lingua Inglese
Piattaforme PC, Mac, One Versione recensita PC

The Flame in the Flood è uno di quei titoli minori che seguiamo da parecchio tempo poiché ci aveva incuriositi già dal primo trailer grazie al suo stile grafico delicato e alla soundtrack caratteristica, nonché alle interazioni ambientali mostrate in brevi sequenze ben orchestrate.
Il gioco rientra nel genere dei survival, ha elementi roguelike ed è stato sviluppato nientemeno che da veterani di Irrational, Harmonix e Bungie, uniti sotto l’egida del nuovo team chiamato The Molasses Flood.
Scopriamo come questi ragazzi, ormai ex-AAA developer, se la sono cavata nella realizzazione di un progetto totalmente diverso da ciò a cui erano stati abituati in precedenza, mettendo a fuoco gli elementi fondanti del loro primo lavoro indipendente.

The Flame in the Flood

The Flame in the Flood, di per sé, non ha una vera e propria storia ma si affida ad espedienti metanarrativi che sono stati sparsi in modo un po’ avaro nella modalità campagna, versione leggermente ritoccata dell’altra modalità, l’Endless Mode, resa meno aggressiva nei confronti dei giocatori casual e di chi fosse interessato in prevalenza all’aspetto artistico/atmosferico del titolo, grazie all’aggiunta di checkpoint.

La campagna si configura da subito come un mero fine all’esplorazione del mondo, suddiviso in regioni, e non smette di esserlo per tutta la sua durata, con semplici accenni di lore ed avvenimenti sporadici ad intervallare lunghe fasi di viaggio da un’isola all’altra.
L’elemento roguelike è dato dalla proceduralità dell’intero ambiente di gioco, salvo due o tre location, mentre il cuore survival si percepisce fin dall’inizio ed in modo anche piuttosto prorompente.
Avremo infatti quattro indicatori di status quali fame, sete, temperatura corporea e stanchezza: l’azzeramento di uno di essi comporta l’inevitabile morte, difficile da scansare soprattutto durante le prime run a causa della presentazione alquanto semplicistica.
Non esiste un classico tutorial ma dei sintetici suggerimenti ambientali che forniscono indizi sulla raccolta di risorse e sul crafting, comunque abbastanza intuitivo per i fan del genere se consideriamo che le ricette sono visibili ancor prima di essere sbloccate.
Accumulare materiali utili alla sopravvivenza è alquanto facile, il problema sta nella gestione, nella gran quantità di micromanagement (talora eccessiva) da svolgere affinché non si perda il bandolo della matassa.
Di base abbiamo a disposizione due zaini, uno più spazioso appartenente alla protagonista e uno dalle dimensioni ridotte trasportato dal suo cane, Aesop.
Dal momento che gli oggetti affidati all’amico a quattro zampe, diversamente da quelli nella borsa della ragazza, permangono anche dopo un ipotetico game over, la tattica in pratica obbligata consiste in un continuo trasferimento di item tra i due zaini al fine di realizzare un ampio numero di ricette – il sistema non prende in considerazione il contenuto della sacca di Aesop – e conservarle in attesa del prossimo game over.
Tale sistema non è proprio brillante e diventa macchinoso dopo poco, costringendo l’utente ad effettuare molteplici passaggi del tutto evitabili al fine di compiere una singola azione.

Nella costante ricerca di cibo, acqua e riparo in The Flame in the Flood saremo aiutati dalla piccola imbarcazione a remi fornitaci all’inizio dell’avventura, anch’essa soggetta alle intemperie e dotata di spazio per gli oggetti.
La navigazione risulta abbastanza immediata, sebbene il controllo della barca sia davvero arduo a causa delle rapide correnti e ci si ritrovi spesso ad urtare contro qualsiasi ostacolo venga trascinato dalle acque.
Le isole costituiscono il fulcro del mondo di gioco e contengono quasi tutte elementi distintivi come differenti tipi di flora, fauna, rari insediamenti umani e strutture fatiscenti da cui recuperare loot.
Tutte le forme di vita presenti possono essere uccise e mangiate o utilizzate nel crafting: prima di capire come, tuttavia, morirete parecchio ed in modi poco piacevoli.
Se incontrare un lupo di notte significa, nel 60% dei casi, rischiare la vita a meno che non ci si trovi nei pressi di un falò (il quale tiene lontane le bestie); imbattersi in un cinghiale gigante certifica quasi sempre il fallimento della partita in corso.
Solo recuperare ogni materiale necessario alla creazione di trappole e armi, di certo non una passeggiata, potrà garantirvi qualche possibilità nei confronti dei predatori; considerata la scarsità di risorse rispetto all’abbondanza di pericoli nelle prime fasi, però, è di gran lunga più facile che finiate sbranati dopo qualche minuto senza aver avuto la minima opportunità di reagire.
Abbiamo inoltre notato che, in particolare verso la seconda metà del gioco, procurarsi da mangiare diventa una vera impresa e dunque morire di fame sarà un onnipresente rituale.
Difficile (forse un tantino artificialmente) per gli esperti, dunque, ma tedioso e frustrante per i novizi.

The Flame in the Flood resta in ogni caso un open world dall’alto tasso di immersività, vuoi per l’incredibile atmosfera che circonda boschi e villaggi, vuoi per la magnifica soundtrack folk a cura di Chuck Ragan, vuoi per lo stile grafico stilizzato ed evocativo oltremodo.
Purtroppo con l’aumentare delle ore in game la maggioranza delle location si rivela leggermente ripetitiva a livello estetico, sebbene pervasa da quell’alone di mistero che calza alla perfezione negli scenari di un survival.
Niente di speciale, infine, riguardo ai menu di opzioni, che enumerano funzioni strettamente essenziali ma sufficienti per il gioco, che è privo di rallentamenti o cali di framerate.
Segnaliamo invece qualche crash e dei frequenti bug relativi all’interfaccia che speriamo verranno risolti da qui al day one.

Conclusioni
The Flame in the Flood è un buon survival-roguelike che non si regge, stranamente, sulle sue meccaniche ma sul lato grafico e artistico, regalando un’esperienza degna di nota agli amanti dei videogame scenici dall’elevata immersività.
La difficoltà artificiale, talora frustrante, insieme a qualche pecca insita nel sistema di gioco, impedisce però al lavoro dei ragazzi di The Molasses Flood di soddisfare ogni genere di palato, specialmente quello dei meno avvezzi al genere.
Alla luce di ciò, vi invitiamo a considerare l’acquisto solo ed esclusivamente se appassionati di titoli affini come Don’t Starve, altrimenti rinunciate o attendete un calo di prezzo (attualmente 19,99€ su Steam).
Valutazione

7.0
+ Comparto artistico più che convincente
+ Difficile da padroneggiare
+ Immersivo
+ Soundtrack d’eccezione
– Brutale per i novizi
– Troppo micromanagement
– Ambientazioni un tantino ripetitive
– Solo accenni di lore, nessuna trama

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *