Romancing SaGa Minstrel Song Remastered riprende un grande classico del genere dei JRPG, partendo da un gioco rilasciato originariamente da Square (prima di essere Square Enix) su SNES negli anni ’90. Questa però è l’edizione rimasterizzata del remake uscito su PS2, molti anni dopo. E devo dire che ha retto piuttosto bene la prova del tempo, come accade un po’ a tutti i grandi classici.
Il gioco è su PC Windows tramite Steam (status Verificato su Steam Deck), PlayStation e adesso in versione internazionale fisica e digitale per Nintendo Switch. Non sono presenti purtroppo le traduzioni in lingua italiana, toccherà accontentarsi dell’inglese, un dato da tenere in considerazione per i meno anglofoni.
Il publisher ci ha inviato una chiave di attivazione per Nintendo Switch in modo da poter procedere con la nostra analisi.
Il gioco è ambientato nel mondo di Mardias, un continente fantasy popolato da città, regni, mostri e culture diverse. Giochiamo dal punto di vista di otto protagonisti selezionabili all’inizio, ciascuno con una propria storia di partenza. Personaggi come Albert, erede di una casa nobiliare impegnato a difendere la sua terra da invasori mostruosi, e Jamil, ladro proveniente da un’altra regione del mondo, vivono vicende che inizialmente sembrano separate, ma andranno poco per volta a intrecciarsi, un po’ alla maniera di Octopath Traveler.
Il gioco ha quindi una narrativa un po’ atipica per il genere (nonostante esistano illustri rappresentanti anche nel franchise di Dragon Quest), mentre dal punto di vista meccanico è tutto abbastanza rodato. Si procede parlando con NPC, esplorando città, visitando luoghi e trovando missioni spesso descritte in modo fin troppo ambiguo o con indizi deboli, costringendo il giocatore a sperimentare e spostarsi continuamente per intuire come proseguire. Questo era un problema ai tempi dell’uscita originale e continua ad esserlo ancora oggi, ma naturalmente i tempi sono cambiati. Una mancanza del genere negli anni ’90 pesava forse un po’ meno, tendeva ad essere molto più accettata di quanto non si farebbe al giorno d’oggi.
Interessante come la struttura priva di indicazioni chiare può creare o meno determinate situazioni che modificano la storia: può succedere ad esempio che parlando con un certo personaggio si inneschi una catena di eventi – emblematico il caso di Aisha – ma sono sviluppi opzionali, non linee obbligatorie di trama.
Il sistema di combattimento è a turni, ma differisce dai JRPG tradizionali perché non esistono livelli o punti esperienza. Le statistiche aumentano in modo semi-casuale alla fine dei combattimenti, e le abilità vengono apprese improvvisamente, durante una battaglia, quando un personaggio esegue un’azione inerente a quella tecnica. Se un guerriero usa spesso la spada, sbloccherà mosse di spada; se un mago usa incantesimi, ne acquisirà di nuovi. Non esiste quindi un grinding classico come nei vecchi Final Fantasy: la progressione non avviene per accumulo di EXP, ma per esposizione al combattimento e utilizzo delle tecniche. È un sistema che può inizialmente spiazzare, perché non c’è la sicurezza di un incremento programmabile, ma nel momento in cui “scatta”, diventa molto soddisfacente e dà un senso di crescita organica dei personaggi.

Nel corso delle battaglie dovremo destreggiarci con l’uso dei classici BP (Battle Points), che rappresentano l’energia da usare per mosse potenti e si rigenerano tra un turno e l’altro. Ci sono poi i DP (Durability Points) che indicano la durevolezza dell’arma: se si consumano, va riparata prima di poter essere usata di nuovo. I punti vita invece vengono completamente ripristinati dopo ogni battaglia: questo rende possibile entrare in combattimenti consecutivi senza doversi curare e incoraggia il flusso esplorativo del gioco.
Esiste però un meccanismo che cambia drasticamente l’approccio ai combattimenti: l’Event Rank. Più il giocatore gira il mondo e affronta nemici, più il livello degli avversari aumenta parallelamente, impedendo di fatto il grind classico per superare un ostacolo, un po’ come in Final Fantasy VIII. Invece di farmare fino a diventare più forte del boss, qui i boss diventano più forti insieme a noi. Questo può creare bruschi ostacoli di difficoltà, dove a un certo punto ci si imbatte in un boss che spazza via la squadra in pochi colpi, imponendo una pausa, riorganizzazione e ritorno a missioni secondarie per ottenere equipaggiamenti migliori o personaggi più adatti. D’altra parte, questo sistema di progressione è anche piuttosto fresco rispetto ai canoni tradizionali del genere, quindi saranno più contenti quei giocatori che prediligono un approccio tattico agli scontri, invece che un farming che ci ponga in una situazione di vantaggio.
Lo stile visivo del gioco resta fedele alla versione PS2, con ambientazioni costruite su un numero ridotto di poligoni e uno stile chibi tipicamente giapponese che personalmente apprezzo tantissimo. So però che in questo caso si tratta più che altro di gusti personali, e non metto in dubbio che molti giocatori sarebbero più felici con personaggi più realistici. Personalmente sono contento della scelta dei designer oggi come lo ero stato all’epoca del lancio su PS2. Peccato solo per edifici, ambientazioni e un po’ di elementi poligonali che soffrono di una certa mancanza di definizione, nonostante l’incremento della risoluzione.
Ottima ancora una volta la colonna sonora, e non mi aspettavo nulla di meno. Ci sono pezzi che ricorderete a distanza di anni.
PRO
+ Storia e personaggi ancora molto validi
+ Sistema di progressione piuttosto originale
+ Un classico del genere JRPG
+ Colonna sonora ancora eccellente
CONTRO
– Troppo dispersivo, specie per gli standard odierni
– Livellamento dei nemici non sarà apprezzato da tutti
– Telecamera non gestibile manualmente
– Qualche problema tecnico
CONSIGLIATO
In generale, nonostante una gestione forse troppo dispersiva e storicamente rimasta inalterata, non posso che consigliare Romancing SaGa Minstrel Song Remastered agli amanti di JRPG che se lo siano perso nel corso degli anni. Ha una buona storia, buoni personaggi, un sistema di combattimento e di progressione che – sebbene imperfetti – sono quantomeno originali. Un classico da avere in collezione per gli appassionati del genere, che diventerebbe ancora più grande in un eventuale remake capace di svecchiare una parte della struttura originale.

