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Songbringer Recensione

Nonostante The Legend of Zelda sia uno dei franchise più amati di tutti i tempi, sono stranamente pochi i videogame che hanno cercato di emularne lo stile e le meccaniche di gioco. Sarà perché gli enigmi di Zelda non si battono, sarà perché è difficile confrontarsi con un prodotto del genere, impossibile trovare una risposta certa.
Songbringer però ci prova, cercando di collocarsi nello stesso filone di giochi come il bellissimo Alundra o il più recente Oceanhorn. Naturalmente non cerca un confronto diretto con il capolavoro di Miyamoto e Aonuma, ma punta a qualcosa di lievemente diverso.
Il risultato non è straordinario, ma risulta interessante per altri aspetti.

Songbringer

Songbringer è dunque un adventure game della vecchia scuola. E’ realizzato con una particolare grafica bidimensionale in pixel art che mi ha ricordato parecchio Swords and Sworcery (uno dei pochi giochi per smartphone che è assolutamente obbligatorio comprare). L’inquadratura è dall’alto, come nei capitoli di Zelda in 2D.
Non avendo a disposizione il lore di Hyrule, lo sviluppatore (una sola persona) ha inventato un ibrido tra fantasy e fantascienza piuttosto intrigante. Questa idea di fondo viene accompagnata dalla natura procedurale del gioco. All’inizio della partita Songbringer ci chiederà di inserire una parola a caso (Seed) di 6 lettere. In base alle lettere scelte avremo accesso ad un preciso mondo di gioco, tra milioni possibili. Ovviamente se su YouTube trovaste un mondo di vostro gradimento vi basterà inserire quel particolare nome per ritrovarvici voi stessi.

Songbringer – Trailer di lancio

La natura procedurale porta con sé aspetti positivi e negativi. Da una parte c’è un’elevatissima rigiocabilità, dall’altra il design non è sempre eccelso. Gli asset e le variabili sono in assoluto accettabili, specie se consideriamo che è tutto frutto di una sola persona. Tuttavia il design delle mappe e la disposizione dei dungeon è molto discutibile. Andare in esplorazione non mi ha divertito, è chiaro che le zone siano state disposte alla rinfusa da un algoritmo, non c’è coerenza. La differenza rispetto a un gioco realizzato a mano è marcata.

Songbringer ha una struttura completamente open. Non dovrete affrontare i dungeon in un ordine preciso, sarete liberi di andare dove desiderate. Capiterà quindi di andare a spasso senza meta. Potremo utilizzare di tanto in tanto un oggetto che ci indicherà sulla mappa la posizione del dungeon più vicino. E’ sufficiente per non perdersi, e rimane comunque la possibilità di andare in esplorazione.

I dungeon sono 9 in totale. Alcuni sono necessari per avanzare nella storia; altri sono facoltativi e servono a ottenere abilità o oggetti particolari; altri ancora sono estremamente difficili e pensati per sfidare i giocatori più abili.
La quantità e qualità degli enigmi non è stupefacente. Più che altro dovremo esplorare una serie di stanze e procedere fino al boss, uccidendo nemici strada facendo. Sono presenti pochi puzzle, e sono tutti piuttosto semplici.

La qualità delle mappe è totalmente casuale

Il generale livello di difficoltà di Songbringer non è elevato, ma il gioco risulta ostico a causa di controlli imprecisi. Ho giocato utilizzando il pad di Xbox 360, e colpire il nemico è spesso più complicato di quanto non dovrebbe. E’ come se gli input arrivassero in maniera falsata, non si capisce perché. Tante volte le stanze saranno piene di ostacoli in cui finiremo per schiantarci mentre cerchiamo di combattere. Nemmeno le hitbox sono un granché: penseremo tante volte di essere andati a segno, mentre i nostri colpi passeranno attraverso l’avversario. Sono tutti problemi risolvibili con eventuali patch, ma al momento è una situazione insufficiente.

In teoria il sistema di combattimento andrebbe anche bene. Abbiamo una spada, un boomerang e un’abilità per teleportarci a breve distanza. Ci sono poi delle skill e oggetti addizionali, che però non godono di un grande bilanciamento. Alcuni di questi li avrò utilizzati giusto un paio di volte per vedere come funzionassero, in circostanze reali erano inutili.

Il gioco vanta una pixel art teoricamente piacevole. Dico teoricamente perché anche in questo caso la natura procedurale del videogame non aiuta. Molte tra le ambientazioni esterne potranno apparire fin troppo confusionarie, non c’è modo di prevederlo. Tutto dipende ovviamente dal mondo in cui vi ritroverete, non potrete saperlo in anticipo.
Personalmente ne ho provati una manciata, e non ne ho mai trovato nessuno che desse una sensazione di armonia o di disposizione logica degli asset. A volte il caos che si crea rende addirittura difficile identificare i nemici, il nostro personaggio o i proiettili avversari.

Alcuni dungeon sono necessari per proseguire nella storia

songbringerSongbringer è concettualmente interessante, ma non convince in pieno. E’ un gioco in cui i limiti della proceduralità spiccano in maniera impietosa. Non ci si può aspettare di realizzare un buon adventure se l’esplorazione viene limitata dalla più totale casualità. Probabilmente il genere hack and slash sarebbe stato più indicato, ma con gli adventure esplorativi la storia è diversa.
Voglio sentirmi spinto ad andare in giro, scoprire segreti piazzati in posizioni strategiche, meravigliarmi per ciò che incontro. Questa è la magia di Zelda, ed è molto distante da quanto fatto da Songbringer.
Ci sono inoltre un bel po’ di problemi legati ai controlli, sarebbe il caso di risolverli al più presto. Fino a quel momento vi consiglio di spendere altrove i vostri risparmi.

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