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Yakuza Kiwami – Recensione

Continua il progetto di SEGA volto a celebrare il decennale anniversario di una delle sue serie di punta: Yakuza. Con Yakuza Kiwami, remake del primo capitolo per PS2, si giunge al secondo tassello di un mosaico che si prevede piuttosto ampio. Oltre all’eccellente prequel Yakuza Zero, arriverà anche il rifacimento del secondo capitolo, ovvero Kiwami 2. E’ una gioia particolare per tutti i fan di Kazuma Kiryu, specie quelli occidentali. Tra l’altro stiamo ancora attendendo spin-off come Ishin e Kenzan, speriamo che la sezione europea di SEGA se ne interessi.
Ma vediamo intanto come ha lavorato il team Yakuza su questo Kiwami, versione riveduta, svecchiata e corretta del primissimo capitolo. Le migliorie apportate sono parecchie, sia a livello grafico sia contenutistico. Saranno bastate a catturare nuovamente i vecchi appassionati e a divertire le nuove leve memori di Zero?

Yakuza Kiwami

Yakuza Kiwami non è un semplice remake in HD di un gioco dell’epoca Playstation 2. Gli sviluppatori infatti lo hanno legato a doppio filo con il prequel, Yakuza Zero. In particolare hanno inserito elementi narrativi e meccanici in grado di rendere familiare il passaggio dall’uno all’altro. La storia conta su nuovi dialoghi e cutscene collegati agli eventi del prequel, sebbene coinvolgano di rado la trama principale. Quest’ultima ha resistito egregiamente al logorio del tempo e si dimostra validissima anche a 12 anni di distanza.

È un racconto in prevalenza crudo e maturo ambientato tra il 1995 e il 2005. Il setting è una Tokyo dei bassifondi in balia del cosiddetto progresso, il quale assume spesso forme grottesche interpretate in modo tragicomico dai personaggi scandagliati. Nel calderone c’è satira, critica sociale e frivolezze made in Japan la cui eccentricità viene riflessa in maniera impeccabile. Tuttavia il focus va sulla dura vita da Yakuza nel pericolo delle strade di Kamurocho, pacifiche solo in apparenza.

Yakuza Kiwami – Video recensione

Kazuma Kiryu si troverà immerso fino al collo in un mix letale di sangue, denaro, odio e follia, gli aspetti peggiori di una società nascosta agli occhi dei comuni cittadini. La narrazione ha tutto sommato un bel ritmo. C’è però una frammentazione delle cutscene in segmenti minori intervallati da brevissime fasi di gameplay a nostro avviso evitabili. Ci sono comunque un buon numero di momenti forti, memorabili e commoventi. La durata si attesta sulle 15 ore, se si ignora la stragrande maggioranza delle missioni secondarie, spesso brevissime e banali. Meglio rifarsi con le modalità extra rappresentate dai minigiochi da tavolo in multiplayer locale e dalle Climax Battle, comprendenti stavolta alcune sfide davvero degne di nota.

Strutturalmente, rifacendoci a Yakuza Zero, non troviamo molte differenze. Il free roaming si limita solo al quartiere di Kamurocho, con gli immancabili muri invisibili agli angoli della mappa. L’area esplorabile è comunque abbastanza estesa, zeppa di punti d’interesse. Potremo svolgere le classiche attività ricreative che hanno contribuito a rendere celebre la serie. Karaoke, host club, corse di auto telecomandate, arcade, giochi da tavolo e baseball sono solo una parte del divertimento offerto dal quartiere a luci rosse di Tokyo. Svariati anche i ristoranti e i negozi dove acquistare cibo, armi ed equipaggiamenti volti a potenziare Kazuma in combattimento.

In Yakuza Kiwami ci si picchia com’è giusto che sia

yakuza kiwamiGli stili di brawling non hanno subito particolari variazioni rispetto a Zero (salvo l’aggiunta delle mosse Kiwami da attivare con triangolo dopo aver stordito il nemico). La differenza è che qui il Dragon of Dojima è disponibile in forma limitata dall’inizio. Occorrerà potenziarlo man mano sfidando il fantastico e redivivo Goro Majima servendosi del sistema MajimaEverywhere. Questo registra ogni incontro con il Cane Pazzo di Shimano che ama stalkerarci nei modi più esilaranti. L’intento è “forgiarci” a suon di bastonate, naturalmente con tanto affetto e con la creatività che lo contraddistingue. In ogni caso il combat system è rimasto pressoché identico a Zero. L’unica vera novità è il miglior bilanciamento della difficoltà e dei pattern nemici, meno oppressivi se in inferiorità numerica. Siamo ancora lontani dalla fluidità di un picchiaduro ma la fastidiosa legnosità dei capitoli originali è decisamente attenuata.

Sul comparto tecnico c’è poco da dire. Da Yakuza Zero Kiwami eredita gran parte degli asset e la resa grafica in termini di current gen stagna sulla sufficienza del prequel. Valutando però la qualità del remake in confronto al capitolo per PS2, non si può che elogiare il lavoro di SEGA. La differenza tecnica tra i due è infatti abissale. La cura per i dettagli emerge ad ogni occhiata ai caratteristici vicoli di Kamurocho e agli ottimi modelli dei protagonisti. I 60 frame al secondo donano poi maggiore consistenza al gameplay rimanendo stabili nella quasi totalità delle situazioni.
Bene anche per il comparto sonoro, a fronte di pezzi coinvolgenti e di un doppiaggio giapponese (con sottotitoli solo in inglese) come al solito impeccabile.

Peccato, invece, per il sistema di salvataggi rimasto purtroppo old-gen. Bisogna attendere l’apertura del menu della console e le relative barre di caricamento per una ventina di secondi. E’ un tantino anacronistico.

C’è una bella differenza rispetto all’originale su PS2

yakuza kiwamiYakuza Kiwami non eguaglia l’eccellenza di Zero ma ciò era ampiamente prevedibile, trattandosi di titoli lontani 12 anni l’uno dall’altro. La struttura rimane abbastanza limitata e il combat system non ancora scevro da legnosità, anche se complessivamente l’esperienza risulta divertente e appagante al punto giusto. Il remake, dal canto suo, dimostra un notevole impegno da parte degli sviluppatori nel voler dare coesione narrativa e grafica rispetto al prequel. Si pecca soltanto nell’abuso di asset e moveset riutilizzati che forse eccedono nella restituzione del feeling di dejà-vù. In generale è comunque un prodotto di qualità, sia per i fan di vecchia data sia per le new entry, e lo consigliamo vivamente a chiunque voglia fare il pieno di “giapponesità” esagerata, ovviamente a suo rischio e pericolo.

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