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Finding Paradise – Recensione | Il seguito di To The Moon è servito

Nonostante io giochi da circa 28 anni ormai, devo dire di aver incontrato pochissimi videogame che mi abbiano commosso fino a farmi piangere. Uno di questi è sicuramente To The Moon, il precedente lavoro di Kan “Reives” Gao. E’ uno sviluppatore indipendente di origini giapponesi, lavora in prevalenza con RPG Maker.
Finding Paradise è il suo nuovo lavoro, seguito diretto di To The Moon, arrivato finalmente e a grande richiesta. Vi anticipo che lo sviluppatore non si è adagiato sul successo del predecessore, scrivendo una storia che riesce ad essere molto originale e sceneggiata in maniera eccellente. Siamo però all’altezza del capitolo originale? Andiamo a scoprirlo nella nostra recensione.

Finding Paradise – Recensione

Il gioco è ambientato in un futuro prossimo in cui esiste una nuova figura professionale nel campo della medicina. Si tratta di specialisti che modificano i ricordi delle persone, dando vita a nuove memorie che rimpiazzano quelle reali. A richiedere trattamenti di questo tipo sono soggetti in punto di morte, uomini e donne che hanno dei profondi rimpianti legati a qualche esperienza passata. Modificando i ricordi si aiutano queste persone ad andarsene più serenamente, permettendogli di avere un lieto fine che non sono riusciti ad ottenere in vita.

Finding Paradise – Trailer di lancio

Significa praticamente venire ingannati, un inganno voluto e richiesto. E’ un concetto molto amaro, il preferire una bugia dolce piuttosto che una verità che fa troppo male. I motivi che spingono i pazienti a richiedere l’impianto di ricordi falsi possono essere molteplici, ciascuno ha una storia unica ed irripetibile.

In Finding Paradise ci occuperemo dell’anziano Colin, ormai incosciente e sul letto di morte, assistito dalla moglie e dal figlio. E’ lo stesso Colin che avete conosciuto in A Bird Story, il racconto breve di Kan Gao rilasciato nel 2014.
Vivremo la storia attraverso gli occhi dei due medici protagonisti di To The Moon, ovvero la cinica dottoressa Rosalene e il goffissimo dottor Watts. Durante l’avventura ci ritroveremo a giocare nei panni di entrambi, ma in termini pratici non cambia assolutamente nulla. Tutto ciò che dovremo fare sarà interagire con oggetti o personaggi e risolvere dei semplici minigame, nulla di complicato.


Finding Paradise non si adagia sugli allori di To the Moon

Finding Paradise non dà per scontato che abbiate già giocato a To The Moon, si prende tutto il tempo di presentarvi i protagonisti e spiegarvi in cosa consiste il loro lavoro. Ben presto andremo a immergerci nella coscienza del paziente, ne rivivremo i ricordi più significativi e cercheremo di capire come procedere. Più facile a dirsi che a farsi, perché Colin ha fatto una richiesta un po’ particolare, sarà necessaria un’analisi complessa delle sue memorie. Come se questo non bastasse avremo a che fare con un problema non di poco conto…

Nell’originale To the Moon i nostri dottori erano in grado di ripercorrere i ricordi del paziente partendo dai più recenti e arrivando fino a quelli più vecchi. Per qualche motivo, qui le cose non andranno per il verso giusto. Rosalene e Watts si ritroveranno sballottati tra memorie di periodi diversissimi, in un moto che sembra quello di una spirale. Vedremo il ricordo più recente, poi quello più antico, poi torneremo all’anzianità e ancora alla giovinezza. Sembra che la destinazione del viaggio voglia portarci intorno ai 30 anni di Colin, e poco a poco capiremo il perché.

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Colin sul letto di morte

Naturalmente non farò alcuno spoiler sulla storia di Finding Paradise. Diciamo soltanto che, come in To the Moon, anche qui c’è tristezza, si esplora il senso di solitudine, la maniera in cui gli uomini cercano di proteggersi quando provano un dolore che non sono capaci di gestire. Qualcuno si chiude, qualcuno scappa, qualcuno si illude e qualcuno si indurisce. Cosa abbia fatto Colin e perché lo abbia fatto lo scoprirete solo leggendo la bella storia scritta per voi dall’eccellente Kan Gao.
All’interno dei ricordi incontreremo soltanto tre personaggi chiave, due dei quali sono caratterizzati splendidamente. Il terzo rimane parecchio sottotono, perché in effetti rappresenta un elemento esterno rispetto ai messaggi che il gioco vuole comunicare.

E’ chiaro che questo sviluppatore abbia una notevole sensibilità, senza dubbio avrà vissuto una vita non sempre facile, come ciascuno di noi. Tuttavia nella narrazione traspare sempre un qualche tipo di speranza per il futuro, sia essa reale o semplicemente illusoria. L’idea di modificare i propri ricordi per avere un lieto fine prima di morire può essere triste, addirittura struggente se pensiamo a To the Moon.

In Finding Paradise le cose funzionano in maniera diversa, non migliore né peggiore, semplicemente diversa, la storia è molto meno scontata di quanto non possa apparire all’inizio.
Sì, anche qui c’è amarezza, ma proprio la speranza, il rapporto col passato e il suo superamento diventano qui i veri protagonisti. Da questo punto di vista Kan Gao dimostra una certa evoluzione nel proprio pensiero, che non resta ancorato al romanticismo devastante del suo lavoro più famoso. Qui si esplorano altre vie, si cercano nuove soluzioni. E alla fine si rimane soddisfatti, anche se devo ammettere che il gioco ha avuto un impatto nettamente inferiore sulle mie emozioni rispetto a To the Moon.

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In Finding Paradise osserviamo il rapporto col passato

In più momenti durante la storia sarà chiaro che lo sviluppatore si sia effettivamente divertito durante le fasi creative. Ci sono riferimenti alla cultura di anime, manga e videogame dei nostri tempi, citazioni di vario tipo, animazioni che vi faranno sorridere. Tante volte si cerca di sdrammatizzare un’atmosfera che potrebbe sembrare troppo opprimente. Le gag arrivano sempre dal dottor Watts, che anche qui fa quasi da siparietto comico all’interno della produzione. Alcuni apprezzeranno questo suo voler alleggerire i toni. Personalmente ho trovato alcune soluzioni un po’ fuori tempo, poco appropriate al momento. Ma qui siamo proprio nel campo dei gusti personali.

Finding Paradise è sviluppato con RPG Maker, con tutto ciò che ne consegue. La risoluzione è estremamente bassa rispetto agli standard odierni, e il rapporto d’immagine è in 4:3. Consiglio ovviamente di andare a schermo intero e sopportare le bande nere laterali, perché giocare in una finestra da 640 x 480 è onestamente poco sensato nell’era del 4K. Ci sono stati alcuni problemi tecnici al lancio, ma lo sviluppatore li ha prontamente risolti parlando direttamente con gli utenti sui forum di Steam.
La colonna sonora è splendida, supera quella di To the Moon con pezzi molto più costanti in termini qualitativi e tutti ispiratissimi. Lo spettro di emozioni è ampio, il tema principale viene riadattato più volte in base alle esigenze della narrativa. Lavoro eccellente.

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I coraggiosi dottori di Finding Paradise

Finding Paradise è a mio parere inferiore rispetto a To the Moon in termini di impatto emotivo sul giocatore. E’ anche un prodotto molto diverso, pensato più per far riflettere su alcune tematiche specifiche, non cerca di commuovere a tutti i costi.
Lo stesso Kan Gao ha ammesso che non è nelle sue intenzioni far piangere i giocatori, vuole soltanto produrre qualcosa che rimanga bene impressa e che sappia toccare gli utenti. E senza dubbio Finding Paradise rimane impresso, con la sua storia originale, la sceneggiatura ben ritmata e personaggi definiti in modo eccelso.
C’è poi il valore aggiunto di una colonna sonora straordinaria, che vi consiglio caldamente di acquistare in bundle insieme al gioco.

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