ubisoft

Politica, sessismo e videogiochi: il caso Ubisoft (Parte 1)

Da qualche tempo ci stiamo occupando (purtroppo da soli) di denunciare la crescente politicizzazione dei videogiochi per mano dei cosiddetti guerrieri sociali. Sempre più compagnie occidentali produttrici di videogiochi stanno scegliendo la strada del femminismo e del politicamente corretto a discapito di qualità, integrità morale e rispetto per il consumatore. Di casi simili ne abbiamo visti tanti in questi mesi. Basta citare EA e Battlefield V per farci tornare alla mente il discorso di donne e minoranze etniche nella Seconda Guerra Mondiale, e la famosa frase di Soderlund “accettatelo o non comprate il gioco” rivolta agli utenti da lui definiti ignoranti.

Se ci leggete con regolarità, e in quel caso meritate una medaglia al valore, vi sarete accorti di come tante altre aziende siano uscite dall’incognito per spingere pubblicamente sulla politica. Spinti dall’onda parzialissima dei siti settoriali nostro malgrado più rilevanti come Kotaku, Polygon, Rock Paper Shotgun, PC Gamer e così via, fin troppi publisher hanno iniziato a inserire rimandi diretti alla discussione politica all’interno dei propri videogiochi e attuare piani di inclusione forzata delle minoranze sul posto di lavoro.

Che la diversità sia un concetto tendenzialmente positivo è indubbio. Il rispetto dovrebbe stare alla base dei rapporti personali, interraziali o meno. Dar spazio a qualsiasi voce significa davvero rispettare i principi di democrazia. Secondo i social justice warrior, invece, la cosa funziona diversamente. Via la meritocrazia, dentro donne, gente di colore, gay, lesbiche e via dicendo a prescindere dalle loro capacità. Concetto visto chiaramente nelle ultime news relative a Riot Games e la sua campagna di inclusione che discrimina gli uomini bianchi eterosessuali.


Favorire la diversità nei videogiochi è sacrosanto, ma non a discapito della qualità

I guerrieri sociali pensano dunque di combattere il razzismo con altro razzismo, la discriminazione con altra discriminazione. Ci hanno già provato con il GamerGate, inventandosi la balla della misoginia del giocatore medio per sviare l’attenzione dalla verità dei fatti, ovvero che Zoey Quinn e buona parte dei giornalisti videoludici americani fossero persone corrotte e bugiarde fino al midollo.

Ma i giocatori queste minchiate non se le bevono facilmente. Il solo nominare gentaglia come Anita Sarkeesian in certi forum di videogiochi provoca conati di vomito. E a buona ragione. Sfortunatamente però, a questo mondo non esistono solo persone dotate di buonsenso. Lo dimostra il semplice fatto che persino studi di fama mondiale come Naughty Dog si sono piegati alla follia delle femministe o presunte tali. Si tratta di un movimento basato sull’odio dei cattivissimi patriarchi immaginari che userebbero i videogame per sessualizzare e oggettificare le donne.

Sì, insomma, le tette sono il male, Super Mario è sessista, GTA promuove lo stupro virtuale, Doomguy rappresenta la tossicità maschile e stronzate di questo genere. Argomenti inutili a cui un povero cristo qualunque può solo far spallucce. Eppure in qualche modo sono diventati talmente rilevanti, almeno negli USA, da permettere a questi guerrieri sociali di ritagliarsi uno spazio fisso e prominente nel nostro hobby preferito con l’intento di rovinarlo, così come hanno fatto nel mondo del cinema e dei fumetti (Lucasfilm e Marvel sono due casi eloquenti).

Grand Theft Auto gta Online videogiochi

C’è chi ha detto di essersi sentita “violentata virtualmente” da GTA

A loro non interessa produrre contenuti di qualità ma semplicemente far passare un chiaro messaggio politico. Motivo per cui ciò che toccano si trasforma in merda, vedere gli esempi Star Wars, Telltale o Crunchyroll. Pensate che esiste una frase ad hoc coniata per descrivere situazioni simili. Get woke, go broke, letteralmente svegliati e vai sul lastrico. Per svegliarsi s’intende ovviamente diventare social justice warrior, termine che ha ormai assunto una valenza negativa e perculatoria.

Bene. Fatta questa lunga premessa, necessaria a introdurre l’argomento ai lettori meno aggiornati, andiamo a parlare dell’argomento vero e proprio. Ubisoft è stata contagiata dal virus. Vari dipendenti dell’azienda francese hanno infatti contattato l’ottimo youtuber TheQuartering fornendogli del materiale interno riservato e delle testimonianze che definire incredibili è un eufemismo. Per ragioni di tempo e comodità divideremo il dossier in più parti, che conterranno i leak in ordine di uscita.

Per iniziare viene mostrato un video diretto ai dipendenti dell’azienda, che dovrebbe far parte del programma di indottrinamento social justice warrior a loro dedicato. Nel filmato una dozzina di lavoratori di Ubisoft si esprime sul tema inclusione e diversità, specificando come d’ora in poi il publisher si dedicherà attivamente a lanciare il messaggio sia nei propri uffici che negli store di tutto il mondo attraverso i videogiochi. Propaganda, in poche parole, ma a spese nostre. Di seguito le frasi più indicative riportate dai partecipanti.

Dobbiamo usare la nostra piattaforma e le influenze culturali per prendere una posizione e modellare l’inclusività per i giocatori”, annuncia fiero uno dei tizi interpellati. Tradotto, significa schierarsi politicamente e cercare di trascinare i giocatori dalla loro parte. Cioè, figuratevi se gli obiettivi di una software house possano essere lanciare prodotti di qualità e guadagnare. No, a quanto pare oggigiorno bisogna vendere manifesti elettorali e lavaggi del cervello. Viva la France.

Assassin's Creed Chronicles videogiochi

I videogiochi Ubisoft avranno come obiettivo primario l’indottrinamento dei consumatori

Una donna afroamericana aggiunge che è fondamentale portare diversità ovunque, anche ai colloqui. Racconta con molta fierezza di esser stata selezionata da Ubisoft perché saltava all’occhio (e in effetti sembra la versione nera di Malgioglio) mentre l’altro candidato era anonimo. Niente a che vedere con la meritocrazia, basta raggiungere le quote d’inclusione. Questo dovrebbe già iniziare a farvi capire la gravità della situazione e il pericolo che rappresenta per l’intera società occidentale, non solo per i videogiochi.

Un trans, poi, loda il sistema d’indottrinamento affermando che i colleghi gli hanno sempre dimostrato gentilezza e supporto, dimenticando che questo non ha niente a che vedere con lo schieramento politico ma con la semplice educazione. Lavori insieme a qualcuno in una multinazionale. Sembra anche abbastanza assurdo avere dei colleghi così stronzi da percularti pubblicamente per una ragione inesistente. Stiamo parlando di Francia e Canada, non dell’Arabia Saudita.

Un’altra tizia cita studi imprecisati secondo i quali le minoranze al di sotto del 15% tendono a spersonalizzarsi per integrarsi meglio sul posto di lavoro. Ecco come mai a Ubisoft serve espandere le percentuali di queste minoranze e sfruttare la diversità per ottenere vantaggi competitivi. Divertente, visto che almeno il 95% di programmatori e sviluppatori in Ubisoft siano uomini bianchi o asiatici. La loro diversità competitiva consiste nel riempire i reparti più inutili, tipo risorse umane, di grassone lesbiche con piercing e capelli blu che evidentemente non sono capaci di svolgere compiti un attimino più complessi.


Le aziende assumono per vantarsi di avere “due neri e tre lesbiche”, come fossero figurine. E’ questo il vero razzismo.

Rimanendo in tema assunzioni, alcuni capi settore della compagnia francese ci illuminano con altre perle di saggezza. “Teniamo in conto sesso, orientamenti, storie personali, culture, lingue, e al di là di tutto cerchiamo candidati provenienti da contesti variegati.” I criteri utilizzati sono tre. Abilità tecniche, abilità generiche e integrazione nell’azienda e, udite udite, la complementarità. “Cosa manca al team per renderlo abbastanza vario e avere un puzzle completo?”

Da notare che questo problema non si pone al di fuori dei reparti inutili, dove la stragrande maggioranza dei dipendenti sono donne. In quel caso la diversità non fa testo. Invece se un team è composto da soli uomini si deve per forza inserire un membro facente parte di minoranze. Chi se ne frega se non è all’altezza. Loro non vogliono persone capaci ma “diverse”, quindi se avete intenzione di candidarvi in Ubisoft e siete uomini, coloratevi di marrone e dichiaratevi gay. Entrerete alla velocità della luce.

Parlando di femminismo, registriamo dei commenti interessanti. “Una cosa che ha avuto un impatto molto positivo nella mia esperienza in Ubisoft è la presenza di donne ai piani alti qui agli studi di Toronto. Aiuta a scrollarsi di dosso la reputazione dell’industria come club per soli uomini.” Ma sì, inutile preoccuparsi di essere quelli giusti per la posizione e lavorare bene. Bisogna prima di tutto accertarsi di cosa abbiano dentro le mutande i nostri manager, come se fosse davvero importante. Il merito viene solo alla fine, forse.

anita sarkeesian videogiochi

Anita Sarkeesian ci spiega quanto siamo crudeli e maschilisti

Ma non è finita, anzi il peggio deve ancora arrivare. In una presentazione PowerPoint illustrata in azienda leggiamo l’illeggibile. “L’industria del post-GamerGate registra non solo una mancanza di diversità ma la presenza di una cultura tossica del gaming su larga scala.” “Gli stereotipi nei videogiochi non fanno altro che rafforzare i pregiudizi”, riporta il paragrafo, “come dimostrano i lavori di Anita Sarkeesian e Kotaku. Soluzioni come la femminilizzazione di alcuni generi promulgano soltanto altri stereotipi.”

Voi ci credete? Noi inizialmente pensavamo fosse trolling. Hanno davvero citato Sarkeesian e Kotaku come modelli per lo sviluppo di nuove idee di game design. Gente che di videogiochi non capisce una mazza, è incapace di affrontare dibattiti seri e vive solo grazie al clickbait con argomenti degni di 4chan /b. Ci sono riusciti, signori, ce l’hanno fatta. Le loro stronzate ora vivono attivamente dentro i videogiochi e tornare indietro sarà quanto mai difficile.

Proseguendo nel documento vengono riportate delle percentuali, a nostro avviso dubbie. Studi, ovviamente anonimi, danno le giocatrici in Canada al 47% e al 46% in un campione di 13 paesi tra cui Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Turchia, Giappone, Russia, Cina e Italia. Sì, ci siamo anche noi, evviva. E secondo queste stime in pratica la metà dei gamer è donna. C’è bisogno di commentare o evitiamo di sprecare fiato? Numeri del genere non sarebbero realistici neanche se venisse considerato giocatore chiunque abbia scaricato Candy Crush sul cellulare, figuriamoci analizzando il target effettivo di console e PC da gioco.


La metà delle persone che usa i videogiochi è donna. Non ci credete? Lo dicono degli studi. Alcuni. Sul serio.

E ancora: “La rappresentazione dei sessi nel mondo degli sviluppatori pende ancora verso l’uomo. In Ontario, un quarto dei dipendenti di compagnie videoludiche è costituito da donne. La metà di queste compagnie ne assume in percentuali addirittura minori.” Che crimine, ragazzi. Non sarà mica che le donne preferiscono mestieri differenti dalla programmazione e i corsi di studio del settore sono popolati prevalentemente da uomini? Nah, è sicuramente sessismo e assenza di inclusione. Assumiamo donne a caso e mettiamole pure al lavoro sul coding, se la caveranno. Tipo su Mass Effect Andromeda.

Ah, e subito dopo viene mostrato il risultato di un sondaggio chiaramente non anonimo e condotto su sviluppatori non meglio specificati. Alla domanda “Quali sono le ragioni che contribuiscono alla cattiva reputazione dell’industria dei videogiochi?”, il campione di sviluppatori ha risposto così. Il 57% pensa sia colpa del sessismo dei giocatori, il 55% del sessismo all’interno dei videogiochi, 40 e 38% citano razzismo e mancanza di diversità.

A prescindere dal fatto che non sappiamo praticamente nulla su chi abbia realizzato i sondaggi e chi abbia risposto, dunque si tratta di dati da prendere con le pinze, delle domande sorgono spontanee. Perché tra le percentuali non figura roba come loot box, DLC e in generale pratiche scorrette (spesso fuorilegge) dei publisher? Un tantino sospetto. D’altronde per un’azienda come Ubisoft, ora più che mai, fare autocritica è impensabile. La colpa ce l’hanno sempre gli altri. Prima i pirati, poi il mercato, e adesso la tossicità dei giocatori.

Prey

Prey non è un ottimo videogioco perché è fatto bene, ma perché il protagonista è asiatico. Ok?

E allora avanti così, a suon di cazzate. Purtroppo per il momento dobbiamo fermarci qui in attesa del rilascio di nuovi leak, ma state tranquilli perché li pubblicheremo non appena saranno disponibili. Cogliamo l’occasione per invitare eventuali dipendenti italiani di software house del mondo dei videogiochi a contattarci in privato se in possesso di informazioni interessanti sull’argomento o anche solo per raccontarci la vostra esperienza personale. Naturalmente manterremo la totale riservatezza sul materiale che invierete.

Per adesso è tutto. Ci rivediamo alla prossima puntata con altre scottanti e deprimenti rivelazioni sul caso Ubisoft.

Acquistando qualsiasi articolo su Amazon partendo dai link qui presenti riceveremo una piccola commissione che ci aiuterà a finanziare il nostro lavoro

8 commenti

  1. I personaggi femminili che da splendide donne sono diventate dei travestiti come in mortale Kombat 11 per non essere bollate come prostitute

  2. Articolo appassionante e che mi trova d’accordo. Io , certo, parlo da maschilista, essendo musulmano. Le donne sono inferiori agli uomini, lo dice il mio profeta Maometto. E Anita so che sarà d’accordo con me, dato che si tratta della mia religione che, se non erro, lei include nella sua idea di mondo equo e corretto

  3. Peccato che Anita si sia prese tanti di quegli insulti e minacce da stupro.
    Non è che siccome lei scrive scemenze, tutto il tema è falso e infondato.
    Ci sono due problemi: incompetenti che cavalcano l’onda progressista, come pure una vera misoginia che porta ad augurare di venire stuprate se si è donne.
    O se sei uomo , che sei un “mangina”.
    Questo schifo non è meno reale delle fesserie di Anita.

    • Sono d’accordo sul fatto che esistano idioti dall’una e dall’altra parte. Però bisogna anche capire l’ipocrisia di questa gente. Silenziano e oscurano le critiche pacate mettendo in evidenza solo quei due stronzi che la sparano grossa sul web per fare apparire tutti i loro oppositori sotto la stessa, pessima, luce. In realtà quelli ci sono sempre stati e continueranno ad esserci… sai quante volte mi sono beccato minacce e insulti solo per aver criticato un videogioco? Ma non mi sono messo mica a frignare bollando tutti i miei detrattori come rasshisti, sesshisti etc etc. Non ha semplicemente senso. Io sono per i dibattiti seri e per la libertà di parola. Femministe e sjw, invece, vorrebbero censurare chiunque non la pensi come loro, a prescindere dal tono usato. Questo scempio deve finire al più presto e la politica o presunta tale deve uscire dal mondo dei videogiochi, già sulla via del declino a causa della fogna che si definisce “stampa” mainstream e dei publisher senza spina dorsale che si piegano al loro volere.

    • Il dibattito richiede appunto onestà: bollare “come due idioti” la marea di minacce e insulti è semplicemente far finta di niente: la stessa cosa di cui accusi i tuoi presunti avversari.
      Se ti attaccano e ti augurano di morire, di sicuro non è gente a posto.
      E se ti fanno critiche in quanto uomo, non per altro, certo che è sessismo: è la definizione.

      A me non piacciono i due pesi e due misure, da nessuna parte: dire che Anita è “il femminismo” è la stessa cosa di dire che le minacce di morte e di stupro e la pubblicazione dei suoi dati personali come indirizzo e numero sono “la stessa cosa ad opera di due esaltati”.
      Sinceramente, non ho voglia di convincerti e non credo nemmeno serva: ma da lettore lo devo dire: non è equità ma ideologia quella che leggo.
      La stessa che si accusa dall’altra parte.

    • Le minacce e gli insulti sul web (così come nella vita reale) ci saranno sempre, purtroppo è parte dell’essere umano. Non c’è altro modo per definirli se non esaltati e idioti, ma questo era ovvio fin dall’inizio. A me non interessa virare il dibattito parlando delle reazioni del web, io sto parlando semplicemente di come il femminismo moderno e le sue cazzate abbiano invaso e rovinato gran parte dei miei hobby. Forse non sai che gentaglia come la Sarkeesian e la Quinn ci hanno campato su quei commenti, che spesso si sono anche rivelati falsi. Hai visto l’esempio di Battlefield V con la presentazione all’evento e i commenti “white supremacist” che poi in realtà erano solo parole prese a caso e decontestualizzate dai social?
      Ti ripeto, io stesso ho avuto esperienze del genere e quindi sarebbe ipocrita da parte mia non condannare questo genere di uscite, specialmente le minacce di morte, ma da qui a dire che si tratta di un fenomeno culturale ne passa. Poi se vogliamo metterla sul filosofico lo faccio pure volentieri ma qui il problema è che se rompi le palle alla gente, attacchi le loro passioni, censuri e fai la vittima non puoi aspettarti dall’altro lato soltanto rose e fiori.
      Per chiudere, io non ho mai detto di non avere un’ideologia, tutti ce l’hanno e aspettarsi l’equità perfetta nell’essere umano è follia. La differenza tra la mia ideologia e quella dell’altro lato è che la mia non dà fastidio a nessuno e non si basa sull’ignoranza o l’ipocrisia. I giocatori vogliono essere lasciati in pace. La politica in parlamento, non dentro le console. Stop.

  4. Siete diventati il mio punto di riferimento primario del mondo del gaming. Anche spaziogames è passato in seconda lettura. 🙂 Sono entusiasta nel leggere recensioni così lucide e soddisfacenti. E pensare che sino a qualche anno fa, leggendo le bestialità filo- femministe che venivano utilizzate su siti come GameMag per adattarsi alla moda di questa epoca culturale profondamente marcia e decadente, credevo che ogni speranza fosse perduta. Ed invece mi sbagliavo, per fortuna.
    Ps: GameMag dovette abbandonare gli articoli femministi per le piogge di critiche che riveveva continuamente dai lettori. Questo fa capire che qualunque giocatore sano di mente di sesso maschile deve fortemente ribellarsi a tutto ciò.

    • Ciao Alberto, mi fa piacere leggere queste belle parole e ti ringrazio per la fiducia! Ovviamente non abbiamo abbastanza tempo, soldi e staff per pubblicare 10 news giornaliere come fanno spazio & co. ma cerchiamo di dare il massimo per offrire un servizio pro-consumatore e per aprire gli occhi su situazioni assurde tipo questa di Ubisoft. Speriamo che il nostro appello venga ascoltato e sempre più gente si ribelli alle pratiche predatorie nel mondo del gaming AAA e alle infiltrazioni della politica. Noi ci proviamo!

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *