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Recensione: One Piece Burning Blood

One Piece Burning Blood è il primo brawler 3D, ovvero un’ibridazione tutta nipponica tra picchiaduro e musou, dedicato alla celebre serie creata dal maestro Eiichiro Oda.
In ciò segue la scia dei titoli Cyberconnect, il cui successo internazionale ha spinto Bandai Namco a continuare sulla medesima strada affidandosi stavolta ai brillanti Spike Chunsoft, già autori del discreto J-Stars Victory VS+.
In ritardo sull’uscita per cause di forza maggiore ma ugualmente carichi come Sanji di fronte a una donzella, iniziamo ad analizzare l’ultima iterazione videoludica delle avventure di Luffy e della sua ciurma.

One Piece Burning Blood

Uscita 2 Settembre 2016
Lingua Italiano
Piattaforme PC, PS4, PSV, One
Versione recensita PC
Prezzo al lancio 49,99€

Prendiamo le mosse dal sistema di gioco, come detto poc’anzi ispirato dai colleghi brawler sopracitati ma sostanzialmente molto diverso in termini di ritmi e di profondità tecnica.
Siamo ben lontani dalla velocità e libertà d’azione a 360 gradi degli Ultimate Ninja Storm, dal momento che la quantità di manovre a disposizione dei singoli personaggi (una quarantina) è a dir poco risicata e i movimenti risultano piuttosto lenti.
Non bastano una piccolissima serie di combo basilari, tre attacchi speciali, guard breaker, abilità evasive e finisher per lasciarsi del tutto alle spalle quella sensazione sgradevole di star giocando un musou glorificato incentrato sui duelli singoli.
Infatti anche qui il modo per vincere in scioltezza consiste nello spam del tasto di attacco unito al corretto tempismo della schivata o della parata che blocca qualsiasi assalto, persino le mosse finali.

Talora basta ripetere la stessa mossa all’infinito impedendo all’avversario di rialzarsi, talaltra serve munirsi di colpi a distanza da alternare alla schivata in maniera subdola.
Il feeling di potenza c’è, la diversità negli stili di combattimento dei personaggi pure, a rovinare il buon mix ci pensa la bassa responsività dei controlli insieme all’eccessivo delay al termine di ciascuna manovra.
Inutile dotare Chopper di Rumble Ball oppure Usopp delle Midoriboshi se poi piazzarne soltanto una si rivela un incubo a causa della legnosità e del ritardo di certe animazioni; avremmo piuttosto preferito riavere l’immediatezza di Pirate Warriors, assai meno tecnico eppure decisamente più improntato alla rapidità d’esecuzione.
Dunque esiste uno sbilanciamento fisiologico all’interno del roster di Burning Blood, diviso fra guerrieri in grado di attaccare in modo fulmineo anche dalla distanza ed altri equipaggiati con moveset magari efficaci in termini di puro danno ma statici e legnosi, elemento a parer nostro abbastanza penalizzante.

one piece burning bloodQuesto per quanto riguarda il gioco in multiplayer (online o locale in 2P), comunque tutto sommato godibile se si ignora la macchinosità del combat system e si evita di usare gli exploit di cui parlavamo prima.
Il PVE di One Piece Burning Blood, invece, merita un discorso a parte.
Poiché manca un regolatore di difficoltà, l’intelligenza artificiale nelle modalità giocatore singolo fa un po’ il bello e il cattivo tempo strapazzando l’utente in una manciata di secondi senza neanche dargli il tempo di reagire.
Dopo aver perso venti volte di fila contro l’avversario di turno apparentemente inscalfibile a cui però bastano due pugni per dimezzarvi la salute, vi ritroverete di sicuro nella situazione di voler ragequittare e lanciare il controller dalla finestra.
Questione di skill? Non proprio, in quanto l’unico modo che avrete per sconfiggere la CPU sarà ricorrere ai soliti mezzucci senza arte né parte capitanati dallo spam del tasto X (controller Xbox One).
E pensare che con un miglior bilanciamento l’esperienza single player avrebbe potuto essere di gran lunga superiore, sebbene anche così le modalità in solitaria non siano affatto male.
Purtroppo la campagna prende in esame solo la guerra di Marineford, dura circa 3 ore e paga la ripetitività di certe sezioni giacché offre 4 punti di vista differenti (potrete giocare nei panni di Luffy, Ace, Akainu e Barbabianca), però nonostante tutto si può considerare una bella trasposizione pregna di pathos degli eventi del manga, a cui rimane parecchio fedele.

one piece burning bloodIn ogni caso i contenuti non finiscono qui e annoverano, oltre allo stabilissimo seppur spopolato comparto multiplayer, allenamento, battaglia libera, VS ricercato e bandiera pirata.
Mentre la penultima permette di comporre un team di cacciatori di taglie e sfidare i pirati ricercati dal governo al fine di riscuotere ricompense di vario tipo, l’ultima prevede che ci si unisca ad una ciurma e si viaggi di isola in isola sconfiggendo giocatori o CPU per espandere il dominio della fazione di appartenenza, idea accattivante concretizzata decentemente.
Sotto l’aspetto tecnico One Piece Burning Blood mantiene un livello simile a quanto visto nei precedenti titoli Namco, con il classico cel shading azzeccatissimo che emula i tratti caratteristici dello stile di Oda, con solo sporadiche imperfezioni di lieve entità.
La decina di mappe presenti è stata realizzata con cura tenendo in considerazione anche oggetti e pezzi dello scenario distruttibili con effetti gratificanti, ad esempio il crollo di un palazzo o di una nave qualora venisse colpita da un personaggio in volo; le mosse eseguite hanno tutte un eccellente feedback visivo, addirittura migliore rispetto all’anime, mentre del sonoro non possiamo dirci entusiasti perché la soundtrack è praticamente impalpabile e si verificano troppo di frequente episodi di clipping audio delle voci (in lingua originale come piace a noi).
Il porting su PC si trascina dietro l’assurdo limite di 30fps con l’impossibilità di aumentare la risoluzione oltre i 1080p, peraltro non senza radi rallentamenti di natura sconosciuta.
Certo, si trattava pur sempre di una conversione PS4 nuda e cruda da parte degli Spike Chunsoft, team poco esperto in materia, ma ci saremmo aspettati quantomeno feature PC essenziali che ogni videogioco su Steam dovrebbe ormai possedere.

In sintesi
One Piece Burning Blood, come la maggior parte dei manga game, si rivolge ad un pubblico di fan disposti ad accantonare la pignoleria e il purismo videoludico in favore del semplice rispetto per il brand utilizzato.
Il sistema di combattimento è afflitto da numerosi problemi di bilanciamento, l’intelligenza artificiale andrebbe seriamente rivista insieme ai moveset di moltissimi personaggi e la campagna soddisfa soltanto in parte, senza contare la scarsa qualità del porting PC.
A salvare in corner la produzione Namco ci pensano l’abbondanza di contenuti sotto forma di modalità interessanti e il roster enorme, i quali tuttavia non riescono ad elevarla dalla risicata sufficienza a cui, con sommo dispiacere, siamo costretti a relegarla.
Valutazione scala 1/10

6.0
+ I veri fan sapranno apprezzarlo nonostante i chiari limiti
+ Piacevole da guardare
+ Tutte le modalità funzionano discretamente
+ Tantissimi personaggi da utilizzare
– Combat system quasi a terra
– Porting carente
– Campagna troppo breve
– IA da rivedere

*Recensione basata su una copia promo fornita dal publisher*

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