The Witcher 3: Wild Hunt è già stato ampiamente discusso, chiacchierato e recensito in tutte le salse. Quella che vi proponiamo oggi è invece una considerazione a freddo, un commento finale all’opera di CD Projekt Red che arriva dopo un’attentissima analisi del gioco sotto ogni aspetto e un completamento vicino al 100%.
Se desiderate approfondire ulteriormente, vi invitiamo a prendere visione delle nostre recensioni, rispettivamente del gioco base, dell’espansione Hearts of Stone e dell’espansione finale, Blood and Wine.
The Witcher 3: analisi a freddo
Valutare un prodotto immenso come The Witcher 3 attraverso qualche riga e un voto numerico, a nostro parere, è pressoché impossibile. Senza dubbio non sarebbe adeguato ad esprimere con esattezza quanto il titolo abbia da offrire. D’altra parte non sempre le recensioni, soggettive e riassuntive per natura, riescono a riassumere nel dettaglio centinaia e centinaia di ore di gioco.
L’ultimo (o forse no?) capitolo della saga dello strigo ci ha affascinati, stupiti, irritati e persino commossi come pochi altri videogiochi hanno saputo fare.
Nonostante un paio di difetti veniali relativi alla pulizia e ad alcune meccaniche, infatti, il resto raggiunge e supera l’eccellenza a mani basse. The Witcher 3 eleva il genere dei WRPG rispettando appieno lo spirito dei romanzi di Sapkowski.
Le ambientazioni
Analizziamo innanzitutto il mondo di gioco: titanico, vario e dettagliato.
Si passa da idilliaci paesaggi montani, immersi nel candore della neve ed attorniati dalla flora rigogliosa e colorata, a rivoltanti paludi acquitrinose che grondano marciume e trascuratezza, provocando un sincero disagio nel giocatore.
Velen, la prima regione esplorabile situata nella parte centromeridionale del continente, è solo un assaggio di tutto ciò. Le sue lande, spesso desolate e assediate dal tanfo di morte portato dalla guerra, si infittiscono gradualmente in boschi misteriosi dai quali traspare l’incontaminatezza e la salubrità di una natura che prova a preservare il proprio spirito dinnanzi al degrado umano.
Più a nord si staglia Novigrad, città simbolo della Redania le cui vie brulicano di vita ma anche di malavita.
Oltre agli innumerevoli mercanti, infatti, non di rado ci si potrà imbattere in loschi figuri appartenenti al mondo del crimine locale, oppure alla simil-gestapo dei cacciatori di streghe che perseguitano i non umani in nome del fantomatico Fuoco Eterno.
Il baluardo redaniano presenta un’architettura piuttosto variegata e sviluppata prevalentemente in verticale. Numerosi ponti e sottopassaggi connettono le diverse zone della città, divise a seconda delle funzioni (quartieri poveri, a luci rosse, nobili, etc.). Conferiscono quel tocco di piacevole disomogeneità in grado di non annoiare mai.
Poi, ad ovest, c’è l’arcipelago di Skellige, governato da soprintendenti locali coordinati detti jarl.
Noterete parecchi richiami all’epoca vichinga – specialmente se conoscete l’argomento o seguite semplicemente la serie televisiva Vikings – sia nell’ambientazione che per quanto riguarda i personaggi, comunque dotati di forti personalità e solide motivazioni.
La regione si mostra prevalentemente montuosa e soggetta ad un clima piuttosto impervio. Non mancano comunque i villaggi portuali e quelli, più scenici, situati in mezzo alle radure e ai laghi.
Ogni location racchiude un discreto numero di punti d’interesse, oltre che flora e fauna caratteristiche, ed è praticamente impossibile annoiarsi mentre si esplora poiché quest secondarie, contratti, cacce al tesoro e attività collaterali fioccano a rotta di collo accumulandosi senza sosta.
La narrativa
Se il mondo di gioco non ha bisogno di alcun supporto per esser goduto al meglio da chiunque, il background narrativo richiede un certo quantitativo di ricerca e lettura dei glossari da parte di chi non conosce i romanzi del witcher.
Un susseguirsi di eventi orchestrati magistralmente costituisce la quest principale, lunga, profonda e appagante, come un grosso puzzle che viene composto poco alla volta.
Geniali i ritorni di vecchie glorie e deludenti i mancati cameo che, specialmente dopo le travagliate vicende del secondo capitolo, ci saremmo aspettati nel gioco base; arriveranno sotto forma di espansioni, questo è vero, ma un minimo di continuità in più rispetto a The Witcher 2 (soprattutto al cammino di Iorveth) sarebbe stato gradito.
I personaggi inclusi, ad ogni modo, risplendono come smeraldi grazie ad una caratterizzazione invidiabile che fa trasparire l’amore degli sviluppatori.
Geralt e compagni sanno far ridere, sia di gusto che amaramente. Ma soprattutto riescono a creare un legame affettivo con il videogiocatore, cosa non da poco per il media in questione. Ci troveremo spesso spiazzati e dubbiosi di fronte a scelte morali del tutto estranee al comune metro di giudizio bene-male, non adatto ad un’opera di tale maturità.
Persino le missioni in apparenza banali nascondono un esercizio decisionale in grado di mutare la forma delle stesse e causare la morte di uno o più NPC.
L’unica critica da muovere in questo senso è l’abuso dei sensi da witcher durante la stragrande maggioranza dei compiti da svolgere un po’ come le investigazioni nella serie Arkham, alla lunga un tantino tediose.
I contenuti
Nulla da dire sui contenuti del gioco base, eccelsi sia a livello qualitativo che quantitativo, con tonnellate di missioni secondarie in grado di far impallidire le primarie di tanti concorrenti, anche tra i più rinomati, nonché oggetti ed equipaggiamenti in abbondanza da scovare prima e dopo l’endgame.
Buono il sistema di combattimento, definito legnoso da alcuni ma che migliora quanto già visto in precedenza attraverso l’aggiunta di interessanti abilità equipaggiabili, e nuovi gadget da usare in battaglia senza snaturare lo stile di Geralt.
Certo, avremmo preferito un livello di difficoltà maggiore in Normale, concretizzato in una migliore IA e pattern dei nemici meno ripetitivi, uno skill tree che rendesse accessibili le manovre avanzate senza dover spendere 18 o 20 punti in un singolo ramo ma, in generale, si tratta di imperfezioni a cui si può soprassedere.
Tirando le somme
The Witcher 3 è un capolavoro ed affermare il contrario significa non averlo giocato a fondo o possedere gusti davvero discutibili.
Scherzi a parte, consideriamo risibili le lamentele dovute al downgrade grafico o ad altri peli nell’uovo creati da pregiudizi negativi che non tenga in considerazione quanto di buono realizzato da CD Projekt Red.
Volete un’esperienza unica, spettacolare e appassionante? Smettete di prendere per oro colato i pareri altrui, spesso fuorvianti, e supportate il team polacco acquistando il gioco su GOG: loro, più di ogni altro, lo meritano.