Quello di oggi è un articolo a metà tra il serio e il meme. Cioè, in realtà il discorso è scaturito proprio dal meme di Dragon Age Viola, lanciato insieme ai ragazzi dello staff. Ed era nato proprio perché ci aveva colpito l’uso del viola come colore distintivo sia nel marketing che nel gioco stesso. Se ci pensate è una scelta singolare, trattandosi di un fantasy e visto che solitamente quelle tonalità di colore si utilizzano nel caso di ambientazioni moderne e futuristiche. Restando quindi all’interno del mondo dei videogame, ci è venuto naturale quindi domandarci perché sembra esserci una sorta di invasione di videogiochi viola.
Eppure, a un’attenta analisi, mi sono accorto di un dettaglio non da poco. Non è un caso isolato. Viola, magenta e tonalità simili si trovano un po’ ovunque. Siamo arrivati al punto in cui almeno un gioco su tre ne fa uso in trailer e materiale pubblicitario. Se vi fate un giro su Steam, PSN e affini ma anche su Twitch (a proposito, qui c’è il nostro canale, che tra l’altro è viola), vi accorgerete che spesso e volentieri questa palette di colori sia prevalente. Nel video dell’articolo ho inserito alcune immagini a mosaico dove si nota chiaramente l’intento di “violizzare” un po’ il tutto, e se vi fate un giro sul web vi accorgerete che non sono l’unico pazzo ad essersi accorto del fenomeno. Possiamo dargli una spiegazione logica? Proviamoci.
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Magari lo saprete già, ma la scelta dei colori nei media d’intrattenimento non è per niente casuale. Esistono studi di natura psicologica che determinano come i colori influenzino le emozioni, i pensieri e le percezioni degli spettatori. Nei media visivi come film, serie TV, videogiochi e pubblicità, i colori vengono utilizzati in modo strategico per evocare determinati stati d’animo, caratterizzare personaggi o ambienti, e guidare l’attenzione del pubblico. Ogni colore evoca emozioni specifiche e trasmette messaggi culturali.
Vi faccio alcuni esempi relativi al mondo del cinema. Il rosso esprime passione, energia, pericolo e rabbia. Viene spesso usato in scene ad alta intensità emotiva o per attirare l’attenzione su qualcosa. Esempio: la fotografia espressionista di Suspiria, che amplifica l’orrore e l’elemento surreale.
Il nero è sinonimo di eleganza, mistero, morte e pericolo, associato a personaggi potenti o momenti drammatici. Un esempio è la figura di Darth Vader, caratterizzata da un nero imponente per trasmettere autorità e minaccia.
Il bianco trasmette purezza, minimalismo, vuoto e spiritualità. Usato spesso per simboleggiare purezza e alienazione. Un esempio è il bianco dominante in 2001: Odissea nello Spazio, che evoca un senso di estraneità e ordine.
E poi c’è il viola, che rimanda a mistero, creatività e lusso. Viene spesso utilizzato per trasmettere un senso di magia o raffinatezza. L’esempio cinematografico è la palette viola in Black Panther per sottolineare il prestigio e la tecnologia avanzata del Wakanda.
Le origini del viola sono radicate sia nella natura che nella storia culturale e simbolica dell’uomo. Una delle prime fonti di pigmento viola risale all’antica civiltà fenicia (circa 1500 a.C.). La porpora di Tiro, un pigmento ricavato da molluschi marini del genere Murex, era estremamente costosa e laboriosa da produrre. Servivano migliaia di molluschi per ottenere piccole quantità di tintura, rendendola un simbolo di ricchezza e potere. Questo pigmento era usato per tingere vesti regali e sacerdotali, e divenne sinonimo di autorità e sacralità in molte culture antiche. Durante il Medioevo, il viola era usato per decorare manoscritti religiosi, soprattutto nelle miniature e nei dettagli dei testi sacri, spesso in combinazione con l’oro.
Nella società odierna, il viola mantiene molte delle sue antiche associazioni (mistero, regalità, spiritualità), ma è anche connesso alla creatività, alla ribellione e all’individualismo. È usato dai movimenti sociali per simboleggiare forza, unità e diversità. Nelle arti visive evoca atmosfere moderne, distopiche e cyberpunk, che negli ultimi anni sono tornate in auge. La sua dualità (tra blu e rosso) lo rende versatile, adattabile sia a toni caldi che freddi.
Cominciate a capire perché i videogiochi ultimamente tendono ad adottare il colore viola? Si comincia dalla fase di marketing. Nei trailer e nelle cover art, questi colori funzionano benissimo per catturare lo sguardo. Il contrasto tra viola, magenta e colori più scuri è altamente visibile, anche a livello subconscio, e si distingue facilmente in una galleria di immagini. In secondo luogo, c’è l’aspetto tecnico. Con l’avanzamento delle tecnologie di rendering, i colori accesi e sfumature complesse come viola e magenta diventano più facili da gestire e più accattivanti da mostrare. L’illuminazione a neon, resa popolare da stili come il synthwave e il retro-futurismo, ha spinto questi colori in primo piano nel design visivo di molti giochi.
Se ci pensiamo, il fenomeno ha decretato un’inversione a U rispetto alla psicologia cromatica del pre-2010. In quegli anni, la stragrande maggioranza dei videogiochi utilizzava palette scure, tra il grigio e il marrone, con un utilizzo pesante di post processing in stile cinematografico. Le atmosfere erano serie, cupe, e il protagonista medio era il classico tipo alla Silvester Stallone. Ovviamente quei giochi “non viola” si prendevano molto ma molto sul serio. Avevano un target audience ben specifico e puntavano tutto sul realismo.
Poi è arrivato Sunset Overdrive, e da lì abbiamo inconsciamente assistito alla nascita di una nuova moda. Colori sgargianti, al neon, personaggi eccentrici, dialoghi alla Marvel e un tono fortemente autoconsapevole che sfocia non di rado nello sfondamento della quarta parete. Alcuni esempi sono Redfall, Apex Legends, Rage 2, Borderlands 3, Bleeding Edge, Far Cry New Dawn, XDefiant, Saints Row e Destiny 2 Lightfall. Non a caso viola e magenta sono i colori che accomunano titoli come questi. Specie nel caso dei multigiocatore, il focus sono le nuove generazioni. Si punta alla vendita di oggetti cosmetici variopinti e scherzosi, in grado di attirare i più giovani con colori vivaci ed elementi spesso poco coerenti con l’estetica del gioco. Prendiamo Fornite, altro titolo che usa certe palette di colori in modo preponderante nelle skin. O i nuovi Call of Duty, dove ormai un soldato su 2 nelle lobby veste praticamente i panni di un personaggio di anime shonen.
E oggi i publisher, si sa, puntano al cosiddetto pubblico moderno, rendendo i videogiochi un prodotto per chiunque, persino chi non si identificherebbe come giocatore. L’obiettivo è l’inclusività. E adottare un simbolismo coerente con questo valore ha perfettamente senso. Non so avete mai sentito parlare di “Bisexual Lighting“. Il termine, coniato dall’industria del cinema (ma adattabilissimo anche a quella dei videogiochi), si riferisce all’uso di luci viola, rosa e blu per rappresentare personaggi gay o trasmettere tematiche legate alla fluidità di genere. Questa estetica è particolarmente evidente in prodotti come Moonlight e Euphoria. I colori stessi sono scelti per il loro simbolismo: il viola, come combinazione di blu e rosso, richiama l’idea di unione e mescolanza, perfetto per temi di inclusività e progressismo. E sappiamo tutti che le arti visive tendano a influenzarsi reciprocamente di continuo.
I colori come il viola e il magenta sono meno tradizionali rispetto alle palette classiche di cui parlavo prima, tipiche di giochi hardcore. Il loro utilizzo può indicare una rottura con la tradizione, segnalando una volontà di essere inclusivi, creativi e orientati al cambiamento. Questi colori tendono ad essere associati appunto alle nuove generazioni, target particolarmente sensibile ai temi di inclusività, diversità e progressismo. Basti pensare a quante delle bandiere LGBT li utilizzino e a come il viola sia tra i colori ufficiali del femminismo. Ovviamente non tutti i giochi che utilizzano il viola o il magenta sono esplicitamente progressisti, ma è indubbio che questa estetica si sovrapponga spesso con produzioni che cercano di raccontare storie diverse e che vogliono differenziarsi dai paradigmi del passato. È un modo per dire: “Questo gioco non è il solito shooter o il solito fantasy medievale.”
Ciò accade ancor più di frequente al di fuori del mondo del gaming. Marchi come Jaguar, Apple, Samsung, M&Ms ma anche Versace, Gucci e Balenciaga hanno utilizzato questi colori in modo centrale nelle loro campagne di marketing recenti. Per non parlare poi del settore cosmetico. Le aziende seguono logiche tratte da studi ben precisi per realizzare le loro campagne pubblicitarie. E tali studi sono basati su decenni di osservazioni scientifiche. Dunque la scelta di una palette rispetto a un’altra non è mai puramente casuale. Vale per tutti, da chi produce assorbenti a chi sviluppa videogiochi. E allora vediamo di trarre delle conclusioni.
L’esplosione del viola, del magenta e dei colori neon riflette una chiara rottura rispetto alla generazione precedente dominata da palette grigie e marroni. Questi colori “audaci” rappresentano una spinta verso la leggerezza, l’eccesso e l’autoironia, in contrasto con il realismo cupo degli anni 2000-2010. L’adozione di una palette così appariscente risponde anche a strategie di mercato. I videogiochi live service e free-to-play si affidano sempre più ai cosmetici per monetizzare, e i colori vivaci come il viola attirano l’attenzione, oltre a facilitare la creazione di oggetti e skin bizzarri da vendere senza preoccuparsi della coerenza estetica del gioco. Sebbene non esplicitamente legati, l’uso del viola e del magenta può risuonare con simboli di inclusività e progressismo, spesso associati a movimenti sociali contemporanei. Questi colori comunicano diversità, audacia e unicità, valori che molte aziende vogliono trasmettere per raggiungere un pubblico più ampio e moderno.
Il punto è che l’uniformità stilistica, con la ripetizione di toni violacei e temi alternativi, può facilmente stancare. L’uso costante di questo stile sta rischiando di diventare inflazionato. Come tante altre mode del passato, c’è il pericolo che possa presto perdere di efficacia, trasformandosi in un cliché. I giochi che integrano queste estetiche con gameplay e ambientazioni coerenti (su tutti Cyberpunk) riescono a risultare autentici. Tuttavia, quando lo stile viola è solo un espediente per attrarre l’attenzione, senza una base di design solida, può sembrare superficiale e forzato. Un po’ come un vecchio che cerca di sembrare giovane a tutti i costi risultando solo cringe. How do you do, fellow kids?
Insomma, lo stile viola può rappresentare sia una svolta verso giochi più leggeri e inclusivi, sia un simbolo della tendenza all’omogeneizzazione commerciale. Questi colori, benché evocativi e moderni, rischiano di perdere il loro potere simbolico se non utilizzati con creatività e intenzionalità. A me il viola piace, e ad esempio il mio Pokémon preferito è Gengar. Ma non so, credo che un pizzico di originalità in più non guasti mai. Specie in un’industria che purtroppo da diversi anni si limita a seguire le mode anziché crearle. Poi ditemi voi, eh. Magari sono solo io a vedere il viola un po’ ovunque oggi, e in quel caso avete il diritto di prendermi per pazzo.