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Blizzard chiede scusa, ma tutto sommato non gliene frega nulla

Blizzard ha da poco presentato, nel corso della Blizzcon, i tanto attesi Diablo IV e Overwatch 2. Entrambi interessanti, ma il fatto che ci ha più colpiti è un altro. Il presidente della compagnia, J. Allen Brack, è salito sul palco e ha chiesto pubblicamente scusa per la questione Blitzchung. Ed è stato divertente.
Ricapitoliamo brevemente per chi non fosse aggiornatissimo.

All’inizio di Ottobre, Blizzard ha sospeso il campione di Heartstone conosciuto col nick Blitzchung perché, durante una sessione live, ha espresso il proprio sostegno verso i cittadini di Hong-Kong, ancora in protesta contro le politiche della Cina. Potete leggere i fatti e scendere più in dettaglio leggendo questo articolo.
Il ragazzo stava sostenendo idee di democrazia e libertà, in opposizione al regime repressivo che attualmente vige in Cina. Chiaro quindi che la decisione di Blizzard di sospenderlo e di rimuovere i premi in denaro appena vinti non sia stata vista di buon occhio dal pubblico occidentale. C’è stato un parziale dietrofront da parte dell’azienda, ma è stato il classico “troppo poco, troppo tardi”.

Il presidente della compagnia ha voluto quindi scusarsi, ma lo ha fatto in maniera a dir poco discutibile. Ecco le sue parole:

“Abbiamo preso una decisione affrettata e, a peggiorare ancora le cose, abbiamo perso troppo tempo prima di parlare con la community.”

In teoria questo signore è andato avanti con un intervento di circa 5 minuti, durante i quali ha fatto un po’ di discorsi paraculo, tipici da PR, cambiando poi argomento con molta nonchalance, e parlandoci di quanto i videogame siano importanti nel mondo moderno, portando unità, inclusione, diversità e dando spazio alla voce di persone di tutto il mondo. Evviva! Ci sentiamo tutti contenti.

In realtà, basta attivare un neurone per capire che il signor Presidente non ha neanche nominato il nostro Blitzchung, né ha menzionato i due commentatori licenziati. Ha parlato di un generico fatto, durante il quale è successa una cosa. Blizzard ha reagito a questa cosa in modo troppo rapido. Punto.
Le scuse non erano per Blitzchung, erano per la community, perché la reazione è stata troppo veloce. Ma la reazione in sé, a quanto pare, era giustissima. Bisognava assolutamente punire Blitzchung per aver fomentato le nostre giovani menti verso i pericoli della democrazia. Un sovversivo, non ci sono altre parole per descriverlo. Un criminale da fermare!

Il signor Presidente chiede scusa per la rapidità di Blizzard nell’emettere una sentenza, ma non per la sentenza in sé. Una sentenza che, per qualche motivo, è stata dimezzata dopo che la community è esplosa in rivolta contro la compagnia, dopo che più politici americani hanno espresso le proprie critiche e dopo che i più importanti youtuber del settore hanno massacrato la povera, incompresa Blizzard all’interno di video che hanno fatto milioni di visualizzazioni. A quel punto sì, forse era il caso di intervenire, la situazione stava sfuggendo di mano. Dimezziamo il ban, diamo un contentino, andiamo a dirgli che noi i giocatori li ascoltiamo, che il loro punto di vista è importante.

Blizzard dice che gli dispiace, che hanno capito di avere sbagliato. Potrebbero ritirare la punizione, annullare il ban, ma si limitano a chiedere scusa. E’ come un signore che ti ficca una forchetta in un occhio, ti dice che gli dispiace, però intanto la lascia nell’occhio. Sono bei momenti.
Esilarante poi quando mr. Brack si mette a parlare di “dar voce” a tutti i giocatori, di voler promuovere la libertà di pensiero e di espressione, mentre tutto ciò hanno fatto in realtà è stato censurare un ideale di democrazia, chiedendo scusa un attimo dopo ai giocatori cinesi in un post dove si inneggia all'”onore della nostra patria”. E per patria ovviamente si intende la Cina, non gli Stati Uniti. Quelli non possono mica avere onore, non c’è abbastanza repressione per poter parlare di onore.

Perfettamente paraculo, splendidamente misurato, vergognosamente falso. L’intervento del presidente di Blizzard è stato offensivo nei confronti dei miei neuroni, che di certo saranno pochi, ma quei pochi sono già ampiamente stressati dal quantitativo disumano di stronzate che giorno per giorno soffoca il mercato dei videogame.

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