Nel giro di qualche settimana anche i giocatori Nintendo saranno costretti a pagare un canone per poter fruire dei giochi online multiplayer su Switch. Dopo esserci ormai abituati ai vari PlayStation Plus e Xbox Live, adesso anche il colosso di Kyoto decide che è il momento di massimizzare gli introiti. In fondo lo fanno tutti.
Il gioco online sulla console Nintendo non raggiungerà a quanto pare i livelli di PS4 e Xbox One, almeno in termini di infrastrutture. I dirigenti insistono però con la solita solfa: pagare l’abbonamento è necessario per sostenere i costi di sviluppo. In pratica dovete pagare per aver accesso alle “innumerevoli” feature che questi signori hanno preparato per voi.
Le funzioni di cui si parla sono essenzialmente la possibilità di fruire del multiplayer nei giochi online e alcuni bonus minori. Tra questi ci sono ovviamente giochi nuovi gratis in formato digitale da scaricare sulla vostra piattaforma preferita. Sia PS4 che Xbox One insegnano che è possibile fidelizzare i propri clienti con giochi gratuiti di media e alta qualità, basta che siano offerti con cadenza regolare.
A parte i giochi da scaricare gratis, sia PlayStation Plus che Xbox Live offrono delle piattaforme piuttosto evolute. Attraverso delle interfacce più o meno comode avremo accesso allo store, potremo chattare in vocale, gestire una lista amici e usare il cloud per i nostri salvataggi di backup.
C’è però un unico, semplice, gigantesco problema: non esiste assolutamente alcun motivo per pagare il gioco online su console.
Come funziona il gioco online, tecnicamente
Diciamo che abbiamo comprato l’ultimo Call of Duty e desideriamo fare una partita online. Selezioniamo la modalità che ci interessa e il gioco inizia con la fase di matchmaking. Ma come funziona il matchmaking?
Molto semplicemente, il videogame di riferimento – Call of Duty, nell’esempio – cercherà dei giocatori connessi nello stesso momento e creerà un gruppo per dar vita a una partita. Raggiunto il numero richiesto di utenti il match avrà finalmente inizio.
La fase di matchmaking è gestita dai server dell’azienda, che in questo caso sarebbe Activision.
La partita può invece affidarsi a due soluzioni: server dedicati o P2P.
I server dedicati sono appunto dei server offerti dal publisher (sempre Activision nel caso di Call of Duty) che gestiscono il flusso di dati di tutti i giocatori connessi. Avere dei server dedicati è la soluzione più efficiente per godere di un gameplay fluido, con una lag molto ridotta e cadute di connessione al minimo. Tuttavia i server dedicati comportano delle spese per i publisher, spese che a volte non desiderano sostenere. Altro problema è dato dalla distanza fisica che esiste tra giocatore e server. Se un utente europeo giocasse su un server americano, sarebbe inevitabilmente svantaggiato rispetto a un giocatore che vive negli Stati Uniti. La velocità della connessione è importante, ma la distanza fisica non è un problema arginabile.
Overwatch è un ottimo esempio di gioco online multiplayer
In questo caso viene in aiuto il P2P (Peer to Peer), ovvero l’utilizzo della connessione dei giocatori per gestire il flusso dei dati. In questo caso l’algoritmo seleziona l’utente con la connessione migliore (si spera) e lo rende host, una sorta di server virtuale a cui si collegano gli altri giocatori. A tutti gli effetti state giocando collegandovi alla PlayStation o all’Xbox di un’altra persona.
Ora, se questo signore ha una connessione in fibra ottica seria va tutto relativamente bene. C’è abbastanza banda per fare contenti tutti. Se però comincia ad avere una VDSL, o magari una ADSL le cose cambiano. Sarebbe sufficiente che l’host si trovasse fisicamente troppo lontano da voi perché veniste penalizzati. I tempi di risposta diventerebbero alti, il ping renderebbe il gioco frustrante.
Un elemento dovrebbe a questo punto essere chiarissimo, ma lo sottolineiamo.
Che giochiate su un server dedicato o su una rete P2P, né Sony, né Microsoft, né Nintendo stanno facendo assolutamente nulla. Non state utilizzando la loro infrastruttura. Non vi state appoggiando a loro. Eppure è proprio loro che dovete pagare per giocare online.
Come dovrebbe funzionare gioco online su console: Steam, Battlenet e GOG
Se ci allontaniamo dalle console e ci spostiamo nell’universo PC le cose sono molto diverse. Qui il mercato è dominato da un colosso gigantesco chiamato Steam, che offre i propri servizi in maniera assolutamente gratuita. Altre realtà importanti sono Battlenet e GOG e, in maniera minore, Origin e Uplay.
Questi offrono un servizio molto simile a quello proposto da Sony e Microsoft, ma lo fanno gratuitamente. C’è un negozio online, la possibilità di scaricare a banda piena (possibilità non offerta da Sony), salvare sul cloud, sfruttare uno spazio di archiviazione per salvare screenshot, avere una lista amici, chattare eccetera eccetera. Steam offre il pacchetto a mio parere più completo. GOG è invece l’unico a garantire il DRM free su tutti i prodotti a catalogo.
Steam è da anni il re del gaming su PC
Come fanno a offrire tutto questo in maniera gratuita? Molto semplice: non lo fanno. Ciascuno di loro prende il 30% da ogni transazione effettuata. Se pagate un gioco 60 euro, 18 euro vanno allo store. E’ una quota più o meno fissa, che cambia solo in caso di accordi specifici per videogiochi particolarmente importanti.
Il punto è che quel 30% lo prendono anche Sony, Microsoft e Nintendo ogni volta che comprate un videogame. Sono le royalties, una tassa che va al fornitore della piattaforma quando acquistate un software, sia esso fisico o digitale.
Su iOS e Android funziona esattamente allo stesso modo, e anche in questo caso sia l’accesso allo store che il gioco online sono naturalmente gratuiti, perché state già pagando nel momento in cui comprate.
Bisogna inoltre aggiungere che su PC alcuni dei servizi offerti sono nettamente superiori rispetto a quanto avviene su console.
Steam e GOG offrono sconti frequenti e molto più generosi rispetto alla concorrenza. Su Steam possiamo poi ricevere delle carte speciali o oggetti da rivendere nel mercatino. In questo modo racimoleremo del credito da spendere nell’acquisto di altri software. Non sono cifre di chissà che tipo, ma nel tempo mi ci sono ripagato un paio di tripla A.
Steam garantisce anche il pieno supporto alle mod e la possibilità di navigare agevolmente tra i contenuti prodotti dagli utenti.
The Witcher III è uno straordinario tripla A venduto senza alcun DRM
GOG dal canto suo lavora costantemente per assicurare la retrocompatibilità di giochi decisamente antichi. Offre anche un sistema di sconti e rimborsi basati sulla nostra valuta. 60 dollari non sono 60 euro, e GOG non vuole che gli europei paghino di più rispetto agli americani.
Ciliegina sulla torta è la totale assenza di DRM. Acquistando su GOG avrete a disposizione i file di installazione eseguibili di ciascun gioco. Ciò significa che non avrete bisogno di alcuna connessione né per installare né per giocare.
Google Play vi permette di provare i giochi per un paio d’ore dopo averli acquistati. Se non fossero di vostro gradimento potete procedere con la restituzione e riceverete il rimborso.
Uplay permette di guadagnare dei punti mentre giochiamo ai videogame Ubisoft, punti da riscattare poi nell’acquisto di altri prodotti.
Microsoft, Sony e Nintendo offrono invece dei giochi grattis ogni mese. Solo che dobbiamo pagare per averli.
Un affare obbligato
A farsi due conti si capisce che tutto sommato vale la pena di pagare quei 20, 50 o 60 euro l’anno. I videogiochi offerti su PS4 e Xbox One valgono ben più dei 50 o 60 euro richiesti per sottoscrivere l’abbonamento.
Tendenzialmente PS Plus offre prodotti più nuovi ma anche più economici. Xbox Live preferisce invece puntare sui tripla A, con qualche anno però sulle spalle.
In entrambi i casi il problema è chiarissimo: questi giochi potrebbero non interessarmi. Anzi, spesso e volentieri è proprio così. Nonostante questo, gli utenti sono costretti a mettere mano al portafogli se vogliono accesso ai giochi online multiplayer, è inevitabile.
Sony aveva iniziato nel migliore dei modi, garantendo il gioco online gratuito e lasciando abbonare chi volesse ricevere i giochi mensili. Nintendo è rimasta sulla retta via più a lungo delle concorrenti, forse a causa di un’infrastruttura online più arretrata.
Halo: Combat Evolved ha segnato l’inizio di una nuova era per il gioco online su console
Microsoft, dal canto suo, ha fatto da apripista. Quando nacque Xbox Live Gold il colosso di Redmond poté permettersi di farselo pagare. Solo in quel periodo infatti il gaming online su console si stava affermando come realtà di massa, mentre in precedenza c’erano stati dei casi molto più sporadici e poco rilevanti.
Microsoft ha voluto fare un tentativo, è lecito. Voleva scoprire se ci potesse essere un mercato per gli abbonamenti su console. E la gente, vedendo la novità, ha abboccato.
La compagnia ha avuto la lungimiranza di investire immediatamente nel nuovo settore, garantendo un servizio di gran lunga superiore rispetto alla proposta di Sony. Il divario tra le due piattaforme si fece marcato.
Col tempo PlayStation recuperò terreno, riuscì a offrire un servizio competitivo e, con PlayStation 4, decise di farsi pagare a sua volta. In fondo con Xbox 360 e Xbox One gli utenti rimpinzavano le tasche di Microsoft a suon di abbonamenti, perché non avrebbe dovuto farlo anche lei? Nintendo ha avuto bisogno di qualche anno in più, ma adesso si trova esattamente nella stessa situazione.
Se la gente è disposta a pagare per avere un servizio, perché dovrei offrirlo gratis?
Consumatore PC e consumatore console
C’è una differenza profonda tra giocatori PC e giocatori console. L’età media di chi utilizza Steam è più alta rispetto a chi preferisce PlayStation o Xbox. Tantissimi giocatori PC si sono avvicinati a questa piattaforma spinti dai prezzi più bassi, dagli sconti frequenti e dalla possibilità di sfruttare la pirateria. Questo significa anche che chi gioca su PC tende ad avere un minimo di competenza tecnica in più. E’ per via dell’età, delle esperienze, della volontà di imparare a crackare un gioco. C’è un’attenzione al risparmio e all’informazione che su console è probabilmente meno diffusa.
Tutto questo significa che quando su PC uno sviluppatore fa uscire una porcata come le conversioni di Monster Hunter World o Batman Arkham Knight, gli utenti si mobilitano sui forum di discussione, su Reddit e sullo stesso Steam per boicottare quel gioco e farne crollare le vendite.
E’ avvenuto con No Man’s Sky, Batman Arkham Knight, Grand Theft Auto V eccetera eccetera.
Monster Hunter World sarebbe anche un ottimo gioco online, ma Capcom ha combinato un macello con la versione PC
Episodi di questo tipo sono molto più rari su console, ma esistono. Con Xbox One siamo riusciti a far rimuovere quella follia di Kinect e dell’always online. Ci abbiamo provato con Metroid Prime Federation Force, e Nintendo ha imparato (dopo) la lezione.
Con il gioco online potremmo ottenere lo stesso risultato, ma non c’è un reale interesse a farlo. Perché in fondo, dover pagare per fruire dei giochi online multiplayer non scandalizza nessuno. Non su console almeno. Lo diamo ormai per scontato, è un dato di fatto.
Abbiamo poi una dolcissima caramella fatta di giochi nuovi gratis che giustificano la spesa, perché anche se non ci interessano sono comunque due giochi in più, vanno in libreria, non si può mai sapere. Quindi ok, ingoiamo la pillola, senza essere particolarmente convinti, ma nemmeno troppo contrariati.
Che si tratti delle modalità online dei giochi multiplayer o di giochi gratis da scaricare ogni mese, una cosa deve essere chiara. Stiamo pagando per ricevere un servizio che da solo genera denaro, e che non ha bisogno di alcun costo addizionale.
Queste aziende guadagnano già ampiamente dai nostri acquisti attraverso le royalties. Non sostengono alcuna spesa di gestione, ma solo la classica ricerca e sviluppo. Questa viene a sua volta ripagata da ciò che spendiamo negli store, una cifra che anno dopo anno continua ad incrementare, mentre il mercato dei videogiochi digitali cresce e quello retail si rimpicciolisce.
Sponsoru!Offerte videogiochi e hardware Amazon NRSGamers.it riporta collegamenti ad amazon.it. Acquistando dei prodotti partendo dai nostri link otterremo una piccola percentuale sulla vendita, necessaria al mantenimento del sito stesso. |
Hanno già i nostri soldi, i miei e i vostri. Non è che adesso ne vogliono semplicemente di più. Li vogliono tutti. Ogni fottuta monetina possiate ritrovarvi nelle tasche deve appartenergli.
Una persona non può fare la differenza. Per modificare strutture mentali marce servirebbe un boicottaggio coordinato. Non siamo abbastanza poveri, frustrati e stanchi per organizzarlo. Oggi paghiamo il gioco online per semplice pigrizia.
Il futuro di Nintendo tra cinema, mobile e sperimentalismo
febbraio 2, 2018 at 19:05[…] Ci si sposta anche sui servizi, e a Settembre 2018 partirà ufficialmente l’online a pagamento di Switch. Avrà un costo molto contenuto rispetto alla concorrenza, si parla di 20 euro all’anno. Con ogni probabilità il sistema avrà successo, anche se non esiste assolutamente nessun motivo per cui gli utenti console debbano pagare per il gioco online. […]
Robot Cache sfida Steam e permette rivendita giochi digitali, ma...
gennaio 17, 2018 at 13:05[…] altro abbagliati dai giochi che vengono “regalati” ogni mese. Eppure, come sappiamo, non esiste assolutamente nessun motivo per cui dovremmo pagare per il gioco online su console. Semplicemente i grandi produttori sono riusciti a gestire la situazione piuttosto bene. Fino ad […]