Sfruttando l’onda favorevole provocata da Monster Hunter World, Bandai Namco ha approfittato per lanciare anche in occidente il suo God Eater 3. Si tratta del terzo capitolo principale della serie dedicata a proporre un’alternativa più frenetica e in stile anime al gigante di Capcom, in un modo simile a quanto tentato da Koei Tecmo con Toukiden. A differenza dei rivali, comunque, God Eater ha sempre avuto un focus particolare su trama e personaggi, stabilendo connessioni narrative dirette fra tutti i capitoli. Giocato ai primi due non ci siamo fatti mancare il terzo, che dai trailer sembrava piuttosto interessante. Sarà riuscito a migliorare e innovare la formula ormai datata dei predecessori? Scopriamolo subito nella nostra recensione.
God Eater 3 – Recensione
Data di uscita: 08/02/2019
Versione recensita: PC
Disponibile su: PC, PS4
Lingua: Italiano
Prezzo di lancio: €59.99
God Eater 3 continua gli eventi del titolo precedente e ci mostra nuovamente un mondo martoriato dall’assalto degli Aragami, dei malvagi dalla forma mostruosa. Per correre ai ripari i governi hanno istituito un servizio di reclutamento per God Eater, ovvero speciali soldati dall’organismo modificato per lottare ad armi pari con i mostri. Nel gioco in questione interpretiamo un individuo cresciuto in cattività e usato, insieme ad altri, come schiavo anti-Aragami al soldo di un’organizzazione che ne detiene il possesso legale.
In poche parole viviamo per combattere e trascorriamo la vita in una cella. Fatto sta che gli assalti ripetuti delle creature nemiche a un certo punto creano l’occasione giusta per evadere dando ufficialmente il via all’avventura vera e propria. La trama si snocciola per circa 20 ore e racconta le vicende del nostro alter ego e della sua squadra di God Eater impegnati a difendere mondo e libertà, non solo dai mostri ma anche dai complotti organizzati dal governo.
Il punto forte sta sicuramente nel character design (con annesso fetish di tette e nastro adesivo) e nella gestione dei rapporti tra i vari personaggi. Il nostro protagonista, che creeremo nelle prime fasi attraverso un editor abbastanza completo, si relaziona frequentemente con chi gli sta attorno grazie a una buona quantità di dialoghi a scelta multipla. Ne viene fuori una bella coesione di gruppo, da cui scaturiscono talora scenette tenere o divertenti a seconda del caso.
God Eater 3 – Trailer di lancio
Purtroppo la storia in sé è ben altro che profonda (anzi viene trattata in modo troppo superficiale), e oltre a questo soffre di un’eccessiva frammentazione. Si va avanti a passo di lumaca, come quando in tangenziale avete davanti un anziano con la coppola a bordo di Fiat Uno. Poche le cutscene, ancora meno i filmati anime, e infatti il ritmo di gioco ne risente parecchio. La narrazione viene dosata figurativamente con il contagocce. Il motivo per cui non siamo riusciti a passarci sopra lo spiegheremo a breve. Intanto parliamo di struttura e gameplay.
Se siete fan dei giochi di caccia alla Monster Hunter non dovreste aver problemi a comprendere God Eater 3. Abbiamo a disposizione un HUB dove muoverci liberamente, parlare con chiunque e prepararci per le missioni. Nei terminali possiamo modificare l’equipaggiamento scegliendo tra un’ampia gamma di armi primarie (God Arc) che vanno dai pugnali alle falci, fucili di vario genere considerati armi secondarie e scudi. Tutte e tre le categorie possiedono moveset, proiettili e abilità personalizzabili a piacimento. Per crafting e upgrade delle suddette basta recuperare i materiali dai mostri. Inoltre esistono gadget e potenziamenti passivi capaci di dare una marcia in più durante le battaglie. La varietà, insomma, c’è tutta, e la libertà di personalizzare il proprio stile di gioco risulta notevole.
Direi poi che ci siamo anche meccanicamente. Senza miracoli rispetto ai capitoli precedenti ma ci siamo comunque. Le armi sono tutte ben differenziate, con attacchi leggeri, pesanti, due speciali e una modalità risveglio con combo esclusive. C’è una piacevole sensazione di fluidità nel sistema di controlli e combattimento, di certo più spedito e frenetico rispetto al metodico Monster Hunter. Ci si sente potenti, soprattutto quando si utilizza la mossa per divorare i mostri che tra le altre cose sblocca bonus di squadra.
Sembra figo? Lo è. Anzi, lo sarebbe se le missioni non fossero quasi tutte dannatamente uguali e noiose. Come diceva il buon vecchio Vaas Montenegro, o forse Einstein, “la follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”. Ed è esattamente il caso di God Eater 3. Dal rango 1 al 6 il 90% delle missioni si svolge nelle stesse 3-4 mappe contro gli stessi 3-4 nemici. Mappe che ahimè sono minuscole, scarne e lineari. I mostri, dal canto loro, vantano un ottimo design e pattern sufficientemente variegati ma dopo averli affrontati per l’ottantesima volta ci si inizia a stancare. A poco serve il multiplayer cooperativo fino a 8 giocatori se poi le missioni non hanno alcuna personalità.
Salvo una manciata di incontri campali con alcuni Aragami speciali, le missioni di God Eater 3 rappresentano un enorme buco nell’acqua che spreca quanto di buono il gioco può offrire a livello meccanico e strutturale. Al finale ci siamo arrivati a malapena e con gli occhi pieni di sonno a causa della tonnellata di filler da 10-20 minuti ciascuno che neanche il peggior Naruto. Era evitabile? Certamente. Sarebbe bastato aggiungere un’altra dozzina di Aragami e qualche evento scriptato. Ma così l’unico risultato ottenuto è il tedio più totale.
Non benissimo neanche il comparto tecnico, che oltre al limite di 60fps su PC deve fare i conti con una resa sostanzialmente old gen. I modelli di personaggi e Aragami sono discreti, decisamente meno tutto il resto. A partire dalle texture di oggetti e ambientazioni, insieme a dei fastidiosi effetti di post processing come la sfocatura, che ricordano da vicino quelli sgradevolmente applicati a Tales of Vesperia Definitive Edition, che per la cronaca ho dovuto rimuovere con delle mod. Serve un nuovo motore grafico, non c’è altro da dire.
Accettabile
Avremmo voluto apprezzare molto di più God Eater 3, che sfortunatamente arriva alla sufficienza sprecando un potenziale non indifferente. Le buone idee di design e una direzione artistica simile a quanto visto in Code: Vein si scontrano con una realizzazione strutturale incomprensibile e un comparto tecnico che definire arretrato è un eufemismo. Peccato, perché sotto noia e ripetitività c’è un Monster Hunter-like di tutto rispetto che alla base sa divertire e coinvolgere. A questo punto ci auguriamo che Bandai ponderi attentamente sul da farsi e si decida a cambiare le carte in tavola già dal prossimo capitolo.
Anteprima | Prodotto | Prezzo | |
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Pregi | Difetti |
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