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Into the Breach – Recensione | Maledetti Scarafaggi!

Quando si dice “l’apparenza inganna”. A prima vista Into the Breach potrebbe sembrare un giochino senza tante ambizioni… nulla di più sbagliato. Leggero e graficamente spartano (ciò non toglie che sia ben disegnato e prodotto con cura), sorprende il giocatore con features interessanti, raffinatezze varie e soprattutto tanta intelligenza.
Dopo lo straordinario successo del sorprendente FTL ci aspettavamo tantissimo dalla nuova produzione di Subset Games. Nonostante il rischio di deludere fosse decisamente elevato, il piccolo sviluppatore indipendente è riuscito a compiere un altro miracolo.

Into the Breach

In un futuro prossimo la Terra è minacciata dai Vek, giganteschi insettoidi che affiorano dalle profondità del sottosuolo (ogni riferimento a Pacific Rim pare non essere casuale). L’umanità si attrezza con enormi mech da combattimento al fine di fronteggiarli. Ciascuno di questi rientra in una delle categorie principali, ovvero ranged, melee o difesa, ma ha anche delle caratteristiche esclusive. La categoria di appartenenza consente di montare su ciascun Mech specifici upgrade e/o armi, a loro volta potenziabili con oggetti da raccogliere o acquistare.

Anche i piloti (Time Travelers) hanno le loro peculiarità. Molti di questi andranno prima sbloccati per poter essere utilizzati. Le caratteristiche personali possono consistere in bonus degli HP, in punti movimento addizionali e tanto altro ancora.
I nostri viaggiatori del tempo dovranno saltare da una linea temporale all’altra cercando di liberare quante più isole possibili fra le quattro presenti. Su ciascuna isola risiede una specifica corporazione che di volta in volta ci proporrà delle missioni, con obiettivi primari e secondari. Ogni isola ha anche delle precise caratteristiche ambientali, con relativi eventi climatici e catastrofi varie: sull’isola ghiacciata, ad esempio, potranno verificarsi delle bufere che bloccheranno il movimento di chiunque venga coinvolto, e le caselle marine saranno parzialmente congelate. Diversamente sull’isola desertica avverranno terremoti e nubi di polvere si solleveranno durante gli scontri.

Ogni aspetto ambientale potrà, e dovrà, essere preso in considerazione ed utilizzato nelle nostre strategie. Le sorti di alcune battaglie in apparenza disperate potranno essere ribaltate se sapremo sfruttare ogni variabile, ottimizzando le azioni d’attacco e quelle di difesa.
Anche le caratteristiche dei Vek varieranno al variare dell’isola che decideremo di difendere. Alcuni dei Vek che dovremo affrontare saranno insetti volanti muniti di pungiglione o scarabei cornuti che si lanceranno alla carica, oppure blob sputa-acido o ancora aracnidi, che cercheranno di bloccare i movimenti dei nostri Mech con le loro ragnatele.

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Into the Breach e la sua grafica semplice ma funzionale

La struttura di base è abbastanza semplice. Ogni isola è suddivisa in una decina scarsa di aree. Le partite si svolgono in queste aree (generate proceduralmente) su di una una griglia da 8×8 caselle dove, oltre a disporre i nostri Mech, saranno presenti strutture abitative e logistiche da difendere. Centrali energetiche, silos lanciamissili e impianti di terraformazione sono solo alcuni fra gli elementi che dovremo salvaguardare.

Se avremo successo otterremo dei punti energia, che andranno a sommarsi agli altri nella nostra barra. La gestione della barra energia è fondamentale per il proseguimento della partita. I piloti uccisi si possono infatti sostituire, i Mech riparare, ma se l’energia verrà ridotta a zero la campagna in corso terminerà e sarà Game Over. Nel caso i Vek avessero la meglio (succederà spesso all’inizio…) potremo scegliere di salvare uno dei tre piloti, facendogli compiere un balzo temporale d’emergenza, salvando quindi eventuali livelli maturati e i relativi progressi fatti da quello specifico pilota.

Tutto quanto detto fino ad ora va sostanziamente moltiplicato per il considerevole numero di ulteriori variabili presenti. Quando ci saremo impadroniti delle meccaniche di Into the Breach, potremo puntare sia ad ottenere i primi achievement (interni al gioco stesso, non quelli di Steam) che le prime vittorie. Queste ultime in particolare sbloccheranno delle funzioni che consentiranno di variare molto le successive campagne. Sconfitto lo speciale stage finale otterremo dei punti vittoria, calcolati in base al nostro comportamento in relazione al livello di difficoltà affrontato. Potremo spenderli per avere accesso a nuovi team di Mech, con caratteristiche completamente diverse uno dall’altro.

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Into the Breach ci chiede di sfruttare al meglio le diverse situazioni

Il gioco offre un totale di 8 team ciascuno con tre Mech unici, che dovremo imparare a conoscere e a sfruttare al meglio, fino a formare il nostro team personalizzato. A ciascun team sono associati degli achievement esclusivi, che potremo tentare di ottenere. Alcuni di questi sono parecchio difficili e stimolanti, spingendo il giocatore a tentare diversi playtrougth per il Team Clear 100%. Inoltre, come accennato in precedenza, ogni classe di Mech può essere configurata con specifici armamenti. Questi non sono necessariamente boost al danno, al contrario la maggior parte fornisce bonus in grado di cambiare ed ampliare notevolmente le soluzioni tattiche.

Si potrà scegliere di investire tutto in un unico Mech, o distribuire i bonus su tutto il team ottenendo maggiore equilibrio o durabilità. Upgrade quali scudi di energia, cannoni laser, healing di gruppo, levitazione, missili multipli, movimento dopo l’attacco sono solo alcuni esempi fra le decine di possibilità (attualmente sono a quasi 50 ore di playtime e ancora ne scopro di nuovi). Senza dimenticare che molti di questi upgrade sono anche potenziabili in modo non unidirezionale: si potrà scegliere di potenziare il cannone di artiglieria Artemis, ad esempio, aumentando semplicemente il danno procurato ai nemici, oppure annullando l’effetto collaterale di danno agli edifici civili.

La profondità di Into the Breach è straordinaria

In conclusione, Into the Breach offre una progressiva e soddisfacente esperienza di gioco. Grazie alla moltitudine di variabili offerte saprà dare grande soddisfazione a chiunque decida di dedicargli l’attenzione che merita. Gli elementi della produzione garantiscono una longevità spropositata, da non considerare semplicemente in ore di gioco.
Into the Breach è uno di quei rari videogame che restano installati per parecchio tempo: leggero in quanto a risorse richieste, rilassante ed appagante da giocare, farà mettere “in pausa” qualunque giocone AAA per un paio di campagne, anche fra molto tempo. Lo sbilanciamento in favore di Into the Breach, in quanto a divertimento e appagamento se confrontato con altri strategici (giganteschi, molto popolari, attesi per anni, magari anche discreti), è impietoso.

Dopo il successo di Faster Than Light, Subset Games torna a proporre un videogioco strategico tutto sostanza e niente fronzoli. In mezzo a tonnellate (circa 6000 solo su Steam nel 2017) di videogame spazzatura, gemme come Into the Breach rischiano, purtroppo, di rimanere soffocate.
Prezzo budget, produzione generale impeccabile, buon design artistico e musicale: a Into the Breach non manca nulla. Per quanto mi riguarda, è il primo titolo del 2018 papabile come “gioco dell’anno”.

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