assassin's creed odyssey

Politica, sessismo e videogiochi: il caso Ubisoft (Parte 2)

Se siete qui significa che molto probabilmente avete letto la prima parte di questo dossier. Se non l’aveste già fatto vi suggeriamo di recuperarlo e solo dopo proseguire con la lettura. Nello scorso episodio abbiamo parlato di come Ubisoft Toronto abbia intrapreso un programma di indottrinamento aziendale per portare politica e femminismo all’interno del mondo dei videogiochi partendo dai suoi stessi dipendenti. Oggi illustreremo invece il contenuto di un’altra presentazione PowerPoint, risalente allo scorso luglio, dedicata ai metodi con cui somministrare le nozioni di inclusione, diversità e appartenenza all’interno della compagnia.

Le pagine iniziali illustrano il raggiungimento di un accordo dei nostri cari amici di Ubisoft con un’università di estrema matrice progressista, la OCAD University. Le due parti hanno creato una task force composta da due ricercatrici e due professoresse associate. Beh, quattro donne bianche sono un team davvero variegato, non c’è che dire. I loro sforzi saranno mirati a costruire un ambiente diverso e inclusivo per le donne impegnate nello sviluppo di videogiochi.

Il tutto assicurandosi che raggiungano una certa quota, chiamiamola quota rosa, per potersi vantare di aver cancellato la meritocrazia in favore della “rappresentazione equa dei sessi”. Qualcosa di simile è stato approvato in California, lo stato dei social justice warrior, con una legge incredibilmente stupida. In pratica nei CDA di ogni azienda dovrà esserci per legge almeno una donna. Si dice che in alcune multinazionali abbiano già promosso le signore delle pulizie per non incappare in pesanti multe.


Quantità non coincide con qualità, specie quando si parla di videogiochi

Ma torniamo a noi. Nelle slide successive Ubisoft illustra tutti i potenziali benefici della diversità sul posto di lavoro. Lo fa citando i soliti dati non verificabili e delle percentuali che sembrano inventate insieme a brevi spiegazioni degne di Pierino. “Le compagnie più diverse rilasciano almeno due prodotti extra rispetto ai rivali” e “Le compagnie più innovative hanno 4 volte le probabilità di essere maggiormente inclusive in relazione a quelle che innovano poco”.

Un paio di osservazioni. Primo, la quantità non si traduce sempre in qualità e una multinazionale come Ubisoft dovrebbe saperlo bene. Secondo, non sappiamo di che prodotti si parli e se siano davvero validi o semplicemente ciofeche. Terzo, manca la valutazione da parte del pubblico, che in genere ne decreta le sorti. Dire “tizio è migliore di caio perché produce più videogiochi” non ha senso. Bisognerebbe stabilire cosa viene prodotto, in che modo e usando quante risorse, altrimenti il discorso perde ogni valore logico.

In seguito si parla di pregiudizi inconsci (unconscious bias), concetto che la scienza ha già smentito una decina di volte. La fonte afferma che possono essere improduttivi e condizionare il modo di pensare dell’individuo conducendolo in errore. Scientificamente non esistono, ma possono farlo. Inoltre, secondo uno studio di Kellogg Insight del 2010 (quelli dei cereali), gruppi di etnie e sessi differenti ottengono risultati migliori rispetto a team omogenei.

eiji aonuma videogiochi

Eiji Aonuma, leggenda nel mondo dei videogiochi, è tranquillamente rimpiazzabile da una donna, un uomo di colore o un trans random

Di conseguenza una donna, un nero e un trans saranno oggettivamente più efficaci nello sviluppo di videogiochi rispetto a tre veterani dell’industria. Chi ha bisogno di curriculum e competenze quando hai la diversità che gioca a tuo vantaggio? Pensate poi che i dipendenti di aziende progressiste sono del 83% più brillanti, del 31% più attenti al consumatore e del 42% più collaborativi. E se lasci una Ferrari aperta nei pressi di un campo rom c’è il 99,9% di possibilità che rimanga lì per una settimana. Non prendiamoci per il culo.

Tra l’altro quel 31% di attenzione in più al consumatore si vede proprio nell’atto pratico. Electronic Arts, Creative Assembly, Telltale e Naughty Dog sono chiari esempi. Se per attenzione intendono insultare gli utenti su Twitter o invitarli a non comprare i loro videogiochi allora possiamo dargliela buona. In caso contrario sti gran cazzi. La prossima argomentazione, comunque, fa morire dal ridere già a partire dal titolo.

“Effetto aureola: compagnie leader in diversità sono molto attraenti non solo per donne e minoranze ma anche per chi semplicemente voglia lavorare per delle organizzazioni illuminate.” Ma quanto si prendono sul serio questi signori, e quanto si credono superiori a noi plebei? Pretendono rispetto e ammirazione perché discriminano gli uomini e gettano nel cesso la meritocrazia? A questo punto persino dargli un Nobel per la pace sembra riduttivo. Dovremmo piuttosto chiamare il papa e fargli avviare subito il processo di santificazione.


Il cosiddetto effetto aureola è la svolta, rivoluziona il mondo almeno quanto la Nutella

Ci chiediamo sinceramente: davvero la gente cerca lavoro con in mente la diversità? Per quanto ci riguarda, da persone normali, abbiamo sempre dato priorità alla posizione, all’idoneità delle mansioni oppure al salario. Nessuno direbbe mai a un colloquio roba del tipo: “scusi ma la vostra azienda è composta almeno per il 25% da donne e minoranze? Perché sennò guardi, mi alzo e me ne vado.” Solo immaginare la scena fa ridere, figuriamoci se accadesse sul serio.

In ultimo si parla di tossicità, citando il caso specifico di Riot Games. Attenzione, non viene menzionato il sessismo dell’azienda ma della community di League of Legends. I provvedimenti presi riguardano, come vi abbiamo raccontato qualche tempo fa, il cambio di politica nelle assunzioni a sfavore degli uomini caucasici promulgatori di odio, i corsi sulla pseudo-scienza del pregiudizio inconscio e la glorificazione delle minoranze, tra cui gay e persone di colore. Ancora una volta in calce alla slide citano materiale di Kotaku, a dimostrazione dell’assoluta validità di queste iniziative.

Il motivo di tutto ciò è semplice ma preoccupante. Al punto 4 degli obiettivi di Ubisoft Toronto troviamo la seguente frase: “rendere l’industria dei videogiochi un ambiente più inclusivo per gruppi sotto-rappresentati.” In altre parole vogliono prima cambiare le modalità di assunzione cancellando la meritocrazia in favore degli amici social justice warrior, quindi modificare i propri titoli rendendoli inclusivi (dunque blandi, politici e censuratissimi) e infine fare il lavaggio del cervello a noi consumatori indottrinandoci al femminismo e al politicamente corretto.

Se non siete ancora convinti della pericolosità della situazione, attendete la terza parte dei leak e del nostro dossier riassuntivo. Ne vedrete delle belle, garantito.

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