Warner Bros chiude Monolith e cancella Wonder Woman

La notizia è arrivata come una fucilata, di quelle che ti tolgono il fiato e ti lasciano davanti allo schermo in silenzio. Warner Bros Games ha annunciato la cancellazione del suo nuovo tripla A, il gioco su Wonder Woman, ma anche una serie di chiusure e licenziamenti, una riorganizzazione aziendale di quelle che ormai fanno parte del triste rituale dell’industria videoludica moderna. Ma questa volta, tra i nomi coinvolti, c’è stato un colpo che fa male più di altri: Monolith Productions non esisterà più.

Per chi è cresciuto a cavallo tra gli anni ’90 e i 2000, Monolith non è solo uno studio, non è solo un logo che spuntava nei titoli di testa di qualche gioco. È una presenza, una di quelle costanti che, anche se col passare degli anni magari giocavi meno ai loro titoli, restava lì, a ricordarti un’epoca.

Blood, nel 1997, è stato un pugno nello stomaco e un manifesto di intenti. Era sporco, era violento, era divertente. Era tutto quello che un FPS doveva essere in quell’epoca. Poi è arrivato Shogo: Mobile Armor Division, una dichiarazione d’amore agli anime mecha, con uno stile che oggi sembra incredibilmente audace per un team occidentale.

Negli anni 2000, Monolith ha dimostrato che non era solo un team con idee strampalate, ma un vero e proprio pilastro dell’industria. F.E.A.R., uscito nel 2005, è ancora oggi studiato per la sua intelligenza artificiale. Il modo in cui i nemici si coordinavano, cercavano copertura, ti aggiravano: era qualcosa di così avanti rispetto ai suoi tempi da sembrare quasi magia. E poi c’era l’atmosfera, quel mix perfetto tra horror e azione, una fusione che pochissimi giochi hanno saputo replicare.

Condemned: Criminal Origins, uscito nel 2005, è stato un altro azzardo. Un gioco che ti metteva in prima persona in un thriller psicologico, con combattimenti corpo a corpo brutali e un’atmosfera opprimente che faceva sentire ogni colpo, ogni respiro. Non era il classico gioco d’azione: era un’esperienza viscerale, sporca, quasi scomoda. Ed è proprio questo il segreto di Monolith: non hanno mai cercato la via facile, quella più sicura. Hanno sempre cercato di farti sentire qualcosa, fosse paura, meraviglia o pura adrenalina.

Dopo qualche anno di silenzio e progetti meno impattanti, Monolith è tornata sotto i riflettori nel 2014 con La Terra di Mezzo: L’Ombra di Mordor. Ed è stato di nuovo un momento di pura innovazione. Il sistema Nemesis, che permetteva ai nemici di ricordarsi di te, di evolvere, di portare avanti una storia personale di vendetta e paura, è stato una delle idee più fresche e rivoluzionarie dell’intera generazione. Un’idea talmente geniale che praticamente nessun altro gioco è stato capace di copiarla con successo, segno di quanto fosse radicata nel DNA di Monolith stessa.

E ora, tutto questo finisce. Non perché Monolith abbia fallito, non perché non ci fosse più talento o passione. Finisce perché qualcuno, in qualche ufficio con la moquette troppo pulita e le presentazioni PowerPoint troppo colorate, ha deciso che era più conveniente chiudere piuttosto che provare a salvare.

La causa scatenante, lo sappiamo, è Suicide Squad: Kill the Justice League, un progetto nato male, cresciuto peggio e finito esattamente come tutti temevano. Uno sviluppo travagliato, scelte creative incomprensibili, un modello di business tossico che ha trasformato quello che poteva essere un titolo interessante in un disastro da centinaia di milioni di dollari. E ora, come sempre, chi paga non è chi ha preso le decisioni sbagliate, ma chi ha lavorato, chi ha sudato, chi ha dato pezzi di sé.

Monolith stava lavorando a un progetto dedicato a Wonder Woman. Non sappiamo molto, ma chi ci ha lavorato parlava di un gioco ambizioso, ambientato in un universo ricco e vibrante. Un progetto che aveva il potenziale per essere qualcosa di unico. Ma non lo vedremo mai.

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